Cinema ad effetto: Avatar, paracadutati su Pandora (Puntata 45)

Il kolossal di James Cameron inaugura la virtual camera e apre le porte di un nuovo mondo a tre dimensioni

Cinema ad effetto: Avatar, paracadutati su Pandora (Puntata 45)

Il kolossal di James Cameron inaugura la virtual camera e apre le porte di un nuovo mondo a tre dimensioni

Oggi pubblichiamo la quarantacinquesima e ultima puntata del nostro approfondimento sulla storia degli Effetti speciali al cinema, con cui abbiamo ripercorso alcuni dei momenti più memorabili passati sul grande schermo. Dai trucchi usati dai pionieri come George Méliès, ai maghi della stop motion come Ray Harryhausen, passando per i maestri del make up come Jack Pierce (creatore di mostri come Frankenstein e L’uomo lupo), fino ai prodigi dell’era digitale con l’introduzione del morphing e la computer grafica con Tron e Willow. Un viaggio entusiasmante di cui Avatar segna (per ora!) l’ultima tappa!

«Per fare un paragone, realizzare Avatar è stato come saltare da un dirupo e cucirti il paracadute mentre precipiti». Rende bene la metafora usata da James Cameron per descrivere l’esperienza vissuta per realizzare il suo ultimo film in cui ha saputo spingere ancora una volta avanti il confine della tecnologia per portare sul grande schermo Pandora, il mondo alieno che aveva immaginato.

Era il 1995 quando le idee di Cameron furono analizzate e poi bocciate dagli esperti di CG: il fotorealismo cui lui aspirava per i suoi personaggi digitali non era allora raggiungibile. Nel giro di una decina d’anni però le tecnologie a disposizione fecero passi da gigante e nel 2005 il regista di Titanic e Terminator riprese in mano il progetto e iniziò a mettere a punto un nuovo sistema di performance capture che consentisse di ottenere il livello di realismo sperato e superare i problemi rilevati in passato come l’effetto “dead eye”(la mancanza di luminosità della pelle dei personaggi). Il team di Cameron collaudò un dispositivo da far indossare agli attori sulla testa, munito di una piccola telecamera, che permetteva di catturare anche le sfumature più impercettibili dei loro volti. L’obiettivo era dare vita a personaggi digitali che somigliassero agli attori che li interpretavano e che sapessero esprimere le stesse emozioni pur mostrando caratteristiche e proporzioni diversissime. Il compito una volta affidato ai maghi del make up ora toccava agli esperti di computer grafica che grazie ai progressi compiuti potevano finalmente realizzare il sogno di James Cameron e creare esseri alieni realistici: i Na’vi, giganti blu più longilinei degli umani, con il collo più lungo e strutture muscolari e ossee differenti (con quattro dita per mano), ma talmente ben fatti da sembrare attori in carne e ossa…

Nel “Volume” con la virtual camera

Per dare vita ai loro alterego digitali i protagonisti della pellicola Sam Worthington, Zoë Saldana, Sigourney Weaver e tutti gli altri interpreti, hanno dovuto indossare una sorta di casco a cui era collegata una piccola telecamera sempre rivolta verso il loro volto in modo da registrare le loro espressioni e i movimenti dei muscoli con un livello di dettaglio fino ad allora impensabile, riuscendo a catturare persino il movimento degli occhi. Per registrare invece i movimenti del corpo sono state utilizzate le macchine da presa del motion capture, posizionate in uno spazio detto “Volume”, molto più ampio di quanto non si sia mai avuto in precedenza e all’interno del quale gli attori recitavano. La tecnica rivoluzionaria usata da Cameron ha permesso quindi oltre che di catturare le emozioni e le sfumature espresse dai protagonisti anche di rendere più grandioso lo spettacolo cinematografico in sé. A facilitare il suo lavoro è stata l’invenzione della virtual camera che consente di visualizzare in tempo reale il risultato “finale” su un monitor durante le riprese in performance capture. Cioè se davanti a lui gli attori apparivano avvolti nelle loro tutine con i sensori, sul monitor Cameron vedeva già muoversi all’interno del lussureggiante mondo di Pandora i loro avatar con tanto di coda, occhi dorati e pelle blu. E’ proprio questa della virtual camera l’innovazione più importante e rivoluzionaria introdotta da Cameron, e non l’uso del 3D come in molti potrebbero credere.

Il tandem Weta-ILM per creare Pandora

A dare vita a ogni singola pianta, roccia e albero di Pandora è stata chiamata la WETA Digital, divisione della neozelandese Weta Workshop specializzata in effetti speciali digitali, che ha nel suo curriculum la mitica trilogia del Signore degli anelli di Peter Jackson e che ha lavorato qui in tandem con la Industrial Light & Magic di George Lucas.

Per creare il mondo fotorealistico di Pandora, alieno nei dettagli e reale nelle apparenze, la Weta ha utilizzato un petabyte (mille terabyte) di memoria digitale. Per fare un paragone: Titanic ha richiesto due terabyte di memoria per creare (e affondare) la nave e i passeggeri (circa 1/500 della memoria utilizzata per Avatar!).

La terza dimensione

In aggiunta a ciò Avatar è stato realizzato in 3D stereoscopico: cioè se da un lato la WETA e la ILM hanno lavorato in 3D per creare le scene CG, dall’altro, Cameron ha girato in 3D anche le scene live action.

Per farlo il regista ha utilizzato il Fusion Camera System, il sistema stereoscopico di ripresa che lui stesso ha co-sviluppato insieme al suo collaboratore di lunga data Vince Pace (con lui ha realizzato anche gli effetti speciali di The Abyss). Per metterlo a punto gli ci sono voluti sette anni di lavoro e il risultato è stato ottenere il sistema più avanzato del mondo per le riprese 3D che sono state perfettamente integrate con quelle realizzate in CG.

Un successo kolossale

Uno sforzo senza precedenti insomma che è senza dubbio valso la pena, dal momento che Avatar è diventato, nel giro di qualche settimana, il maggiore incasso della storia del cinema, scalzando dalla pole position l’altro kolossal targato James Cameron, Titanic, e raccogliendo il favore di molta critica e del pubblico con 2,7 miliardi di dollari raccolti ai botteghini di tutto il mondo.

Fino al prossimo kolossal…

La performance capture – Visita sul set:

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Leggi la puntata precedente “Weta, da Gollum ad Avatar”


Ha collaborato Federico Lorenzo Mattioli, Coordinatore del corso 3D Animation e Docente di Postproduzione e Effetti Visivi del SAE Institute di Milano




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