Trash: la recensione di Mauro Lanari

Trash: la recensione di Mauro Lanari

Film trashissimo, per essere autoreferenzialmente perfetto mancano solo i Garbage nella soundtrack, inglesi pure loro. Metaforona da catechismo per la 1a comunione, né fiaba né favola ma parabola per ragazzi sul potere salvifico delle virtù teologali fede, speranza e carità, con eroi i tre quattordicenni arcangeli delle favelas Rafael, Gardo e Gabriel detto Rato. Il “Cristo Redentore” trionfa e la sovrabbondanza di “Pan di Zucchero” induce crisi iperglicemica. C’è pure l’unica figura femminile, la morta & resuscitata Pia, altro nome e altro personaggio non a caso in un film da cinema di parrocchia. “Qui ci vuole il miracolo”, “qui ci serve la grazia”, e miracolo e grazia giungono sempre puntuali quanto l’esoteriche magie potteriane. Ci sarebbero pure Rooney Mara e Martin Sheen, una volontaria e un prete missionario estranei all’intreccio primario ma non alle logiche di mercato per un pubblico internazionale. Ci sarebbero anche la bambinesca “caccia al tesoro”, che qui però non è escatologicamente “in alto nei cieli” bensì riscatto (“rivoluzionario”) mondano, sociale, economico e politico secondo i dettami della “teologia della liberazione”. Poi ci sarebbero persino Meirelles alla produzione, Curtis alla sceneggiatura e Boyle come musa ispiratrice, e la regia che, col suo ipercinetismo nel racconto, nel montaggio, nelle tecniche di ripresa e negl’adrenalinici movimenti dei tre piccoli protagonisti da cartoon Disney. tenta di contrastare a furia di colpi di scena a ripetizione i colpi di sonno indotti con frequenza ancora maggiore.

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