The Northman: la recensione di Mauro Lanari

The Northman: la recensione di Mauro Lanari

Al netto di qualche scivolone nell’heroic fantasy di “Conan”: un trattino (o un òbelo: ÷) fra la data di nascita e quella di morte è ciò che troviamo inciso su ogni lapide ed è la versione odierna delle 3 Moire greche, delle 3 Norne norrene, delle 3 divinità induiste della Trimurti: l’inizio, la durata, la fine. Il destino di qualsiasi entità cosmica, il suo fato, la sua predestinazione, poiché a nient’e nessuno è concesso l’autodeterminism’ontologico. Se “Valhalla Rising” di Refn (2009) si limit’a esporre una violenza primitiva e ancestrale, se il “Macbeth” (2021) di Joel Coen oblìa quest’imprescindibile elemento della tragedia shakespeareana, invece Eggers attinge alla radice della vera epica: l’ineluttabilità e immodificabilità di quant’è già stato brutalment’e deresponsabilmente deciso delle nostre esistenze, di cui siamo attori e spettatori ma non registi. Il libero arbitrio come chimera: “meat puppets”. Un modello metafisico sbagliato? Magari: altri miti prospettano l’albero della vita, però non quello di Malick (2011), accecato dalla Grazia che vede ovunque, né quello esoterico d’Aronofsky (“The Fountain” 2006), che non funziona. Dunque?

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