Selma – La strada per la libertà: la recensione di Jack7

Selma – La strada per la libertà: la recensione di Jack7

Selma, Alabama. Una piccola cittadina nel Sud degli Stati Uniti, diventata simbolo della lotta per i diritti civili del popolo afroamericano. Era il 1965, un anno particolarmente semplice per gli Stati Uniti d’America. Il presidente Lyndon Johnson, insediatosi alla Casa Bianca dopo l’assassinio di Kennedy, dovette affrontare da una parte la controversa guerra in Vietnam e dall’altra la rivolta dei cittadini neri contro un sistema che negava loro diritti fondamentali, quali quello di voto. La pellicola di Ava DuVernay parte da questo paese nel cuore più intollerante dell’America per raccontarci una storia commovente, la marcia intrapresa dal popolo nero verso il riconoscimento dei loro diritti. La storia, a metà tra documentario e dramma psicologico, vuole però andare al di là del mero significato politico, scavare nella profondità dell’animo umano e inquadrare la fatica fisica e mentale che una lotta di tali proporzioni comporta. Il Reverendo Martin Luther King, personaggio principale e leader del movimento di protesta meravigliosamente interpretato da David Oleyowo, viene rappresentato in tutta la sua fragilità umana, fatta di dubbi e momenti di sconforto, ma sempre sorretto dalla fede nei suoi ideali, principi mai violenti che lo spingono a preoccuparsi degli altri prima che di sè stesso. Un predicatore protestante che non utilizza la sua religione per fomentare odio e rivolte ma per predicare l’uguaglianza tra gli individui. Un uomo costantemente diviso tra l’amore per la sua famiglia e il senso di responsabilità nei confronti di una comunità per la quale non esita a mettere in pericolo la propria vita. Attorno a lui una serie di personaggi ambigui e drammatici, fratelli neri e bifolchi redneck del Sud, entrambi spaventati dalla ventata di novità che questa situazione stava portando con sè. Sullo sfondo, l’Edmund Pettus Bridge, il ponte che separa Selma da Montgomery, capitale della contea, e che idealmente divide la popolazione nera dall’ottenere i diritti per i quali combatte. Un ponte sul quale la ruggine rossa che risalta sulla vernice bianca richiama il sangue in cui è stata soppressa la prima marcia tentata dalla comunità nera. La regia della 42enne afroamericana è intensa e muscolare, alterna sapientemente momenti di grande spessore politico e ideologico a scene di grande intimità familiare, rivisita in maniera straordinaria un mito della storia americana senza tuttavia snaturarlo, senza renderlo un mero documentario di denuncia, sempre attenta a non scadere in pacchiani clichè o scontate esaltazioni. Da brividi la scena finale, con scene prese dai filmati dell’epoca che scorrono sulle parole di King, ineggianti alla democrazia e ai diritti inalienabili che appartengono all’individuo, in un crescendo di forza e fascino. Un film vero, sincero, emozionante, che ci proietta direttamente al centro della marcia di protesta, al fianco del Reverendo King, su quel ponte, a Selma. Perchè quello che è successo a Selma non verrà mai dimenticato.

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