Sanctum 3D: la recensione di Alvin Miller

Sanctum 3D: la recensione di Alvin Miller

In un periodo in cui il cinema è sempre più infestato da film “usa e getta”(per i quali paghi la visione, ma che all’uscita dalla sala non ti lasciano alcuna emozione se non la consapevolezza di esserti alleggerito il portafoglio e di aver perso un’ora e mezza della tua esistenza per niente), Sanctum 3D riesce a distinguersi grazie al suo modo di raccontare la storia. Badate che non ho scritto “distinguersi grazie alla storia”, bensì “distinguersi grazie AL SUO MODO DI RACCONTARE la storia”, eh si, perchè la trama in se non introduce (quasi) niente di nuovo: abbiamo già visto in molte altre pellicole le situazioni che vivono i protagonisti di questo film, l’essere intrappolati nelle viscere di una grotta inesplorata, il conflitto padre-figlio che si conclude con la riappacificazione dei due, il membro del gruppo che perde la ragione e cerca di uccidere i suoi compagni, e la lista è ancora lunga. Cos’è, dunque, che rende speciale Sanctum? La risposta sta proprio nel 3D! Un divertente optional in molti film, ma che qui diventa parte integrante dell’esperienza visiva e narrativa, non solo un mezzo per spettacolarizzare la pellicola, e il fatto che al film abbia collaborato James Cameron avvalora di più la mia opinione(fino ad ora solo lui aveva fatto un uso simile delle tre dimensioni, e non per niente Avatar è considerato il film che ha saputo sfruttare al meglio questa tecnologia). Un 3D eccezzionale, che durante la visione della pellicola mi dava davvero l’impressione di trovarmi sottacqua insieme alla squadra dei sommozzatori, di essere costretto nei claustrofobici cuniculi della grotta, di soffocare. Sono convinto che senza la tecnologia delle tre dimensioni, queste emozioni non le avrei mai provate(per lo meno non a questi livelli), e che senza di essa Sactum si ridurrebbe ad essere solo un film discreto, di certo non il capolavoro che è ora.

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