Recensione:”Solo qui sotto dò un senso alla mia vita”, confessa Frank McGuire al figlio Josh, spiegando il suo amore per le grotte marine. La stessa ossessione per le profondità oceaniche è quella condivisa dal regista tre volte premio Oscar, James Cameron, il produttore esecutivo di Sanctum. Elementi ricorrenti nei film “Cameroniani” sono dunque l’oceano con il mistero che racchiude in sè e adrenaliniche situazioni estreme in cui rimangono intrappolati sfortunati protagonisti. Le vittime, quasi sempre isolate dal resto del mondo, sono costrette a lottare per la sopravvivenza, sfidando forze naturali che non perdonano l’eccessiva curiosità ed invadenza di indesiderati esseri umani. Serviranno coraggio, sacrificio e altruismo per superare tali ostacoli, tutte doti delle quali dispongono gli “eroi” creati dal regista canadese. E’ questo il caso di “The Abyss”(1989) e di “Titanic”(1997), la vicenda del transatlantico inghiottito dall’oceano nel 1912, uno dei film più amati dall’Academy e dal pubblico. Si aggiunge al lungo inno che celebra la bellezza, ma anche la crudeltà del mondo marino, Sanctum, film d’esordio del regista australiano Alister Grierson. La vicenda narrata da Grierson è ispirata ad una storia vera, ovvero, alla disavventura sperimentata da Andrew Wight, l’esperto d’immersioni amico e fedele collaboratore di Cameron, nonchè sceneggiatore di Sanctum, che nel 1988 rimase intrappolato con dei colleghi in una caverna marina. Un esperto sommozzatore di nome Frank McGuire(Richard Roxburgh), è a capo di un gruppo di speleologi impegnato nell’esplorazione di profondissime grotte nell’Australia del sud. Fanno parte della squadra il figlio Josh(Rhys Wakefield), costretto dal padre a partecipare, il finanziere Carl Hurley(Ioan Gruffudd) e la sua compagna Victoria(Alice Parkinson). A causa di una improvvisa alluvione le grotte si allagheranno, bloccando gli speleologi in una trappola mortale. Dopo aver inventato il 3D in alta definizione con Avatar, James Cameron torna ad usare tecniche innovative create appositamente per operare in ambienti estremi. Il cast artistico è composto da interpreti credibilissimi, ma semi-sconosciuti: Richard Roxburgh era il duca di Monroth, l’insopportabile antagonista in Moulin Rouge;anche Ioan Gruffudd aveva già lavorato a pellicole di successo(King Arthur e I Fantastici Quattro). Prima volta sul grande schermo, invece, per la star della televisione autraliana Rhys Wakefield. Cineasta innovativo e dinamico Cameron, un uomo d’azione dalle mille risorse, ma, soprattutto, un uomo di cuore. La potenza della natura e i numerosi colpi di scena,infatti, sono solo la gelida cornice che avvolge la calda solidarietà umana,la bontà che l’uomo può rivelare nel momento del dramma; è dunque l’aspetto umano ad emergere dall’abisso di Cameron(esempio clamoroso, il già citato Titanic). Sanctum è la storia d’un rapporto in crisi, quello tra Frank, padre severo ed egoista che per il proprio mestiere ha messo da parte il figlio e Josh, un diciassettenne sensibile che non comprende né condivide la passione paterna. Solo nella tragedia i due avranno modo di conoscersi veramente, iniziando ad apprezzarsi l’uno con l’altro. E nelle profondità marine c’è posto anche per la poesia inglese; le rime del Kubla Khan di Samuel Coleridge arrivano là dove nessun uomo ha mai messo piede, recitate da Frank al figlio Josh per alleviare la tensione. Gocce di puro Romanticismo sciolte in un’adrenalinica avventura: ecco la formula vincente dietro alla quale si nasconde il tocco di un maestro. -Alessandra Grecco-
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