Il revival favolistico non ha risparmiato neanche quei geniacci della Pixar, tanto da indurli a rispolverare la figura che più di tutte ha reso celebre mamma Disney: la principessa. Ovviamente, trattandosi di Pixar e degli anni 2000, la principessa di The Brave è ben diversa dal vecchio stereotipo disneyano della bella fanciulla inerme intenta a spazzare i pavimenti e gorgheggiare con gli uccellini in attesa che il Principe Azzurro la conduca al castello per vivere per sempre felici e contenti.
Merida non è aggraziata come Aurora, non ha la voce d’usignolo di Cenerentola e non è per niente portata per le faccende domestiche come Biancaneve. Merida è, come cita il titolo italiano, una ribelle, un’anticonformista, appassionata e selvaggia come la sua folta capigliatura infuocata e perennemente in disordine. Una giovane donna a cui le mura del castello reale vanno strette come l’etichetta di corte, e il cui spirito trova sfogo e pace solo con una sfrenata galoppata nelle vaste Highlands di una Scozia mirabilmente ricreata.
La figura della principessa moderna non è però una novità: già la stessa Disney anni fa ha rivoluzionato l’idea di principessa, facendone un personaggio attivo e sovvertendo le regole della favola classica. Le prime avvisaglie di un’insofferenza verso le imposizioni del regno, o meglio del sultanato, si avevano con Jasmine, che si rifiutava categoricamente di sposare uno dei bellimbusti propostigli dal padre e sognava una vita “là fuori”.
Ma le due eroine a cui Merida si riallaccia di più sono Pochaontas, un’altra principessa che sceglie di seguire il suo cuore sottraendosi a un matrimonio imposto dal capo tribù e che è in stretto contatto con la natura sevaggia; e Mulan, più a suo agio dentro a un’armatura che stretta in un kimono.
L’aspetto più inedito della storia e che, ancora una volta, la accomuna ai recenti film dal vero, è la totale centralità delle figure femminili. Non solo la Pixar decide per la prima volta di avere un’eroina come protagonista, ma fa di più: costruisce una storia dove sono le donne a farla da padrone (non a caso il soggetto è di una donna, Brenda Chapman).
The brave, più che un racconto di formazione di una giovane principessa, è il racconto del rapporto tra madre e figlia, di come queste si amino profondamente ma non si comprendano. L’avventura permetterà loro di riavvicinarsi, di far apprezzare a Elinor la natura selvaggia di una figlia che non sarà mai perfetta come la desidera, e far capire a Merida le ragioni dell’apprensione materna.
La ragazza riuscirà così finalmente a cambiare il suo destino, o meglio a seguire il suo vero destino, e imparerà che il vero coraggio comporta il saper affrontare le proprie responsabilità invece di fuggirgli.
Il personaggio della Regina diventa, in mancanza di un vero villain (se si esclude l’orso Mor’du), il vero contraltare dell’eroina, il “nemico da sconfiggere” salvo poi trasformarsi nella creatura da proteggere dalla spada dello stesso amato padre.
Elinor è colei che tiene effettivamente in piedi non solo la sua famiglia, ma il regno intero: rappresenta la diplomazia , la razionalità, è la maestra che tiene a bada gli scolaretti che si azzuffano (il marito e i Signori del Clan). Gli uomini nel film sono immaturi e infantili, sempre in cerca della zuffa anziché del dialogo. Sono pressocché inutili. E forse la vera novità nella figura di Merida sta nel poter fare a meno dell’Amore. Lei è felice con la sua libertà, il suo arco, la sua famiglia. D’altronde i pretendenti che concorrono alla sua mano sono così improbabili che è impossibile darle torto.
The Brave non è certamente uno dei migliori lavori della Pixar: manca di ampio respiro e non ci sono personaggi che conquistano il cuore (sebbene i tre gemellini, pur non spiccicando parola, strappino molti sorrisi e il Re sia a tratti esilarante).
Delude in particolare il personaggio della Strega, non ben delineato e della quale non si comprendono bene le ragioni (perchè trasforma le persone proprio in orsi, lo fa per cattiveria o semplicemente per intascare una ricompensa?).
Nota di merito all’eccelente lavoro di grafica, che a ogni nuovo film lascia sempre più a bocca aperta. Le ricostruzioni dei paesaggi, le movenze e l’espressività degli “attori” sono eccezionali e valgono da soli il prezzo del biglietto (l’interpretazione di Merida dà parecchi punti alle recenti principesse in carne e ossa). In particolare la stupenda capigliatura della principessa, che caratterizza la protagonista e, come il suo spirito, fatica a rimanere prigioniera delle imposizioni e riaffiora ribelle e ostinata dal severo abito cerimoniale.
Insomma, ancora una volta la Pixar non delude, ma Lasseter & Co. ci hanno abituati così bene che da loro ci si aspetta sempre quel colpo dritto al cuore che qui è mancato.