The Witcher: Nightmare of the Wolf. La recensione dello spin-off animato

Il film Netflix, che racconta la storia del mentore Vesemir, colpisce nel segno meglio della serie con Henry Cavill

The Witcher: Nightmare of the Wolf. La recensione dello spin-off animato

Il film Netflix, che racconta la storia del mentore Vesemir, colpisce nel segno meglio della serie con Henry Cavill

the witcher nightmare of the wolf
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PANORAMICA
Regia (3.5)
Sceneggiatura (3.5)
Fotografia (3)
Montaggio (3)
Colonna sonora (3)

Il Witcher-Verse inizia a prendere forma: in attesa della seconda stagione della serie Netflix con Henry Cavill e del relativo prequel incentrato sulle origini del primo Witcher, è approdato sulla piattaforma Nightmare of the Wolf, spin-off animato che racconta la storia del mentore di Geralt di Rivia.

Grande assente nella serie principale, Vesemir è protagonista di un racconto intrinsecamente legato al mondo fantasy creato da Andrzej Sapkowski e divenuto anche celebre saga videoludica. Ancor più di Geralt, è lui ad incarnare i valori e i limiti degli Strighi, i mutanti cacciatori di mostri. Con Nightmare of the Wolf scopriamo le sue origini e uno dei motivi per cui i Witcher sono così malvisti (e insieme richiesti) dagli uomini: mostri creati per combattere i mostri, senza scrupoli di fronte alla morte né quando si tratta di riscuotere.

Rispetto alla serie con Henry Cavill, lo spin-off colpisce meglio nel segno: il parallelismo tra la naturale crudeltà dei mostri e quella (mal)celata nel cuore degli uomini è il punto nevralgico di questo universo fantasy. Il meccanismo narrativo alla base di libri o film di creature – dal Mostro di Frankenstein a Lo Squalo, passando per Moby Dick e molti altri – è instaurare un legame tra l’uomo e il mostro: i due si specchiano l’uno nell’alterità dell’altro, riconoscono ciò che li accomuna e si affrontano per valutare quanto divisive siano le differenze.

Così funziona il mondo dei Witcher, mutanti creati apposta per sconfiggere i mostri, ma che tuttavia devono spesso fare i conti con la crudeltà degli umani più che con Alp, Grifoni e altre bestie. «I mostri peggiori sono quelli che creiamo noi», diceva Geralt nella serie live-action, e in Nightmare of the Wolf il concetto è ribadito dal mentore di Vesemir, Deglan: «Se non ci danno la caccia è perché uccidiamo mostri peggiori di noi».

Il Continente è un medioevo senza possibilità di salvezza, dove paura e odio hanno portato a razzismo e discriminazione verso altre specie come gnomi ed elfi, cattiveria e sadismo sono distribuiti in equal misura. Si può benissimo parafrasare George Orwell e la sua Animal Farm: «Le creature di fuori guardavano dal mostro all’uomo, dall’uomo al mostro e ancora dal mostro all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due». 

Questa densità concettuale era solo accennata nella serie live-action di Lauren Schmidt Hissrich (show-runner anche di prodotti dal dubbio risultato come The Defenders e The Umbrella Academy), per poi perdersi tra una narrazione inutilmente intricata e una messa in scena povera. L’uso dell’animazione invece permette a Nightmare of the Wolf di concentrarsi sul contenuto, lesinando qua e là sulla complessità della forma.

C’è molto di Castlevania, in questo spin-off animato: ne riprende l’animazione, la verbosità, il crudo umorismo e un certo gusto splatter per i massacri. A legare le due serie anche il cast di doppiatori: Vesemir è doppiato da Theo James e il suo mentore Deglan da Graham McTavish, rispettivamente Hector e Dracula in Castlevania.

Tra evidenti rimandi alle meccaniche videoludiche (i segni magici, gli unguenti, lo studio etologico dei mostri) e una maggiore attenzione al background di riferimento, Nightmare of Wolf può davvero essere il punto di partenza per un Witcher-Verse finalmente soddisfacente.

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