The Idol, 50 sfumature di Lily-Rose Depp e The Weeknd. La recensione della serie

La quinta puntata ha sancito la fine della serie ideata dal creatore di Euphoria

The Idol, 50 sfumature di Lily-Rose Depp e The Weeknd. La recensione della serie

La quinta puntata ha sancito la fine della serie ideata dal creatore di Euphoria

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Con l’uscita della quinta puntata di The Idol, va ufficialmente in archivio una breve parentesi che ha animato il mondo della serialità negli ultimi mesi. Tanto attesa quanto contestata, la serie ideata dallo stesso autore di Euphoria ha mostrato le sue carte e chiarito una volta per tutte se tra le mani avesse una mano fortunata o un bluff.

Dopo aver raccontato patemi e angosce della Gen Z nella serie con protagonista Zendaya, per The Idol Levinson si è affidato ad una coppia di nomi di peso: Lily-Rose Depp (figlia di Johnny Depp) interpreta Jocelyn, una super popstar precipitata in una spirale di distruzione dopo la morte della madre. Il suo percorso di rinascita incrocia la strada con Tedros (The Weeknd, vero nome Abel Tesfaye), misterioso proprietario di un club e leader di una sottospecie di setta di artisti in cerca di visibilità.

Le cinque puntate si sono concentrate non solo sul loro rapporto erotico, ma sul processo creativo alla base delle hit e del personaggio Jocelyn, in un tentativo di riflessione meta-cinematografica sul valore privato e pubblico delle star. Questo è forse l’elemento più interessante di The Idol: l’aspetto prettamente manageriale e industriale che c’è dietro ad un’icona della musica, i giochi di potere tra la cantante e le etichette che la rappresentano, così come l’idea che ogni espressione artistica debba essere una finestra sul vissuto e sui dolori personali – che a Jocelyn non mancano.

Tutta la campagna internazionale però non è stata giocata su questo aspetto, ma sugli eccessi sessuali che avrebbero potuto o dovuto scandalizzare lo spettatore. Non mancano alcune scene che si divertono a superare il presunto limite del lecito (come foto di Jocelyn con dello sperma sulla faccia o intense e coreografate scene di sesso), ma siamo lontani da qualsiasi avanguardismo seriale nella rappresentazione erotica sul piccolo schermo.

Col passare degli episodi, l’intento scandalistico viene pesantemente diluito e diventa via via sempre più gratuito e superfluo rispetto ad altre dinamiche ben più interessanti, come l’evidente relazione tossica in corso tra Jocelyn e Tedros. Un taglio che, senza per forza dover sfociare in un’ideologica condanna, viene lasciato invece ai margini e addirittura riabilitato in un finale quantomeno affrettato ed eticamente discutibile. La puntata finale di The Idol, già molto contestata subito dopo la messa in onda, è forse però l’espressione più sincera delle volontà di Levinson, un “lieto fine” più psicologicamente perverso di qualsiasi scena erotica mostrata in precedenza.

Il grande problema però è forse un altro: al contrario di Euphoria, che con tutte le dovute esagerazioni drammaturgiche ha tentato di accendere i riflettori sulla finora non particolarmente attenzionata Gen Z, The Idol non ha un vero pubblico al quale parlare. Nomen omen, Jocelyn è un idolo, un oggetto o un’immagine alla quale si attribuiscono caratteri e poteri divini, o da star in questo caso: la sua mega villa, i soldi e in generale l’aspetto glamour compromette qualsiasi tentativo di creare un legame con lo spettatore, che si limita ad osservarne la parabola senza poter empatizzare veramente con lei perché troppo distante sotto molti punti di vista.

Senza target, e con i temi davvero interessanti messi in secondo piano rispetto ad un’estetica a luci rosse che sfocia spesso nel voyeurismo gratuito, il risultato è un racconto più scandaloso nella premessa che nella messa in scena, lontano dagli aspetti più crudi di Euphoria e dai picchi nella filmografia di genere. È l’equivalente seriale di 50 sfumature di grigio, il best seller che ha scandalizzato solo la più puritana fetta di lettori e pubblico. Al giorno d’oggi, sesso e perversioni forse bastano ancora per accendere l’interesse mediatico, ma per mantenerlo vivo serve ben altro.

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Foto: MovieStills 

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