Gaston Duprat e Mariano Cohn sono una coppia di registi e sceneggiatori argentini che lavorano assieme e fanno benissimo una cosa in particolare: la satira dell’intellettuale di successo, dei suoi complessi di onnipotenza, dei suoi ambienti d’elezione (festival, congressi, programmi televisivi…) e dei suoi tic. Lo hanno fatto in passato con scrittori (Il cittadino illustre), attori e registe (Finale a sorpresa) e lo fanno stavolta con un temutissimo critico gastronomico di Buenos Aires, Manuel (un eccezionale Luis Brandoni), che deve rimettere in sesto la sua vita quando la fidata governante Celsa (Marìa Rosa Fugazot) ha “la pessima idea di morire”.
La serie si chiama Nada ed è la prima incursione di Duprat e Cohn nella narrazione a puntate: cinque episodi e una guest star, Robert De Niro, che apre e chiude nel ruolo di narratore i primi quattro segmenti, prima di diventare co-protagonista nell’episodio finale. L’attitudine alla commedia di questi due autori è da sempre legata al loro equilibrio: il cinismo non diventa mai nichilismo, la gag non è mai farsesca, c’è un grande rigore formale e il divertimento non approfitta di alcuna scorciatoia da avanspettacolo. Duprat e Cohn sono molto consapevoli in questo e sanno di essere bravi, al punto da disseminare i loro lavori di “false piste comiche”, una cosa che in giro non si vede tanto spesso.
Per esempio. Manuel è il tipico intellettuale conservatore; ma non perché sia di destra, piuttosto perché gode consapevolmente (e senza sensi di colpa) di tutta una serie di privilegi di casta derivati dal suo talento, messi a repentaglio dalle metodologie capitaliste del progresso. Odia i luoghi comuni, gli atteggiamenti grossolani, le piccole prepotenze e soprattutto la mancanza di buon gusto. E naturalmente non ha alcuno spirito pratico. Ed è qui che la serie svicola dalle aspettative dello spettatore: Manuel usa per la prima volta la lavatrice, acquista per la prima volta un cellulare, stira per la prima volta una camicia, ma ognuna di queste premesse non diventa mai la scenetta slapstick che il nostro istinto pavloviano si aspetterebbe. Si ferma due secondi prima.
La gag manca perché la comicità è una questione di confronto dei caratteri, una discendenza delle relazioni tra i personaggi, anche quelli che compaiono per pochi minuti: è nei dialoghi, non nelle azioni, e in questo è molto letteraria. È davvero ammirevole quanto questi due autori argentini siano “seri” nel cercare il divertimento, ci vuole una consapevolezza spettacolare delle aspettative dello spettatore. Un altro aspetto notevole è il rapporto generazionale: i giovani di Cohn e Dupret sono invariabilmente superficiali e tendenzialmente imbambolati, anche quando animati dalle migliori intenzioni. Sono conformisti, la colpa meno perdonabile. A volte, nel “migliore” dei casi, manipolatori. Questa perfidia anti-storica – e un po’ sconveniente – nella scrittura, che batte sempre in sottofondo, è esilarante.
Poi naturalmente c’è tutto un discorso sulla passione per la buona cucina, intelligente e accessibile anche ai non iniziati (non fa male tenersi un block notes a portata di mano se volete imparare come cucinare una cotoletta), e soprattutto un ritratto “impressionista” ma suggestivo di Buenos Aires. Dura 150 minuti in tutto, con blocchi da mezz’ora, ma non è un film fatto a pezzi per esigenze di piattaforma: è proprio una serie, funziona come tale. Bene, bravissimi, ne vogliamo ancora.
PS: in Spagna andrà su Star+, in Italia è probabile che uscirà sulla piattaforma Disney+ (ma si attendono conferme).
Leggi anche: San Sebastian: Daniel Auteuil è un avvocato accusato di pedofilia in Un Silence. La recensione
Leggi anche: Fingernails, la prova scientifica dell’amore. La recensione dal Festival di San Sebastian
Leggi anche: Past Lives e l’inesauribile nostalgia del primo amore. La nostra recensione da San Sebastian