Dungeons & Dragons: l’onore di avercela (quasi) fatta. La recensione del film

Arriva nelle sale dal 29 marzo 2023 il nuovo adattamento del popolare gioco di ruolo da tavolo: è riuscito a soddisfare il suo esigente pubblico?

Dungeons & Dragons: l’onore di avercela (quasi) fatta. La recensione del film

Arriva nelle sale dal 29 marzo 2023 il nuovo adattamento del popolare gioco di ruolo da tavolo: è riuscito a soddisfare il suo esigente pubblico?

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Il master solleva lo schermo divisore, i giocatori preparano di fronte a loro le schede dei personaggi e i set di dadi (più di uno perché, si sa, la fortuna può esaurirsi su un d20 e passare ad un altro); il riassunto delle giocate precedenti è stato fatto e tutto è pronto per rientrare in un mondo di infinite possibilità interpretative: Dungeons & Dragons.

Dal 1974 “caverne e draghi” sono stati sinonimo di fantasy e fantasia (talvolta di satanismo, in una triste pagina di fobia nota come “Satanic Panic”), espressione di un gioco tanto vasto quanto per questo cinematograficamente proibitivo. All’inizio degli anni 2000 è stato fatto un primo fallimentare tentativo di adattamento rispetto al popolare gioco di ruolo da tavolo creato da Gary Gygax e Dave Arneson. Né il primo film di Courtney Solomon né i successivi sequel sono però riusciti neppure lontanamente a catturare lo spirito del gioco e le sue declinazioni, finendo presto nel dimenticatoio.

Più fortuna hanno avuto prodotti amatoriali e fandom come The Gamers, proprio perché realizzati da giocatori per giocatori. Un elemento, questo, riproposto in maniera molto efficace dal nuovo film arrivato nelle sale, Dungeons & Dragons: L’onore dei ladri, realizzato dal dinamico duo di registi-sceneggiatori composto da Jonathan Goldstein e John Francis Daley (Spider-Man: Homecoming), grandi appassionati di D&D. «Il nostro obiettivo principale è stato solo dare ai fan qualcosa che li faccia sentire pienamente rispettati, fargli sapere che il brand è in buone mani» ci avevano raccontato in un’intervista. Obiettivo pienamente centrato, con onore.

L’onore dei ladri è una campagna che ruota, come tutte, dal suo party: il bardo Chris Pine guida un gruppo composto dalla barbara Michelle Rodriguez, l’impacciato stregone Justice Smith e la risoluta druida Sophia Lillis in una missione che, come da manuale, non va mai come previsto. Oggetti da recuperare, imprevisti, piani B da elaborare e vari nemici da affrontare lungo il percorso: per chi conosce il gioco, questo adattamento ha tutto quello che serve per ricordare le appassionate serate attorno a un tavolo a studiare macchinose strategie pronte a fallire perché colti dall’irrefrenabile necessità di fare una battuta tanto divertente quanto interpretativamente deleteria.

Il cuore, in questo film, è al posto giusto: rispetto ai tentativi del passato è l’espressione più pura e genuina di D&D mai finita sul grande schermo, ma allo stesso tempo è limitata da alcune fragilità che ne minano soprattutto il valore più squisitamente cinematografico. Pur imponendosi come fantasy solido e commedia dall’ironia molto “marvelizzata”, la sceneggiatura è poco generosa soprattutto verso i villain: le motivazioni dietro alle azioni del personaggio di Hugh Grant sono deboli, abbozzate e pretestuose, ma comunque più ficcanti rispetto all’inconsistenza di altre minacce che si mettono sulla strada di Chris Pine e soci.

Dettagli che forse de-potenzieranno l’efficacia di Dungeons & Dragons: L’onore dei ladri per chi di questo mondo è completamente vergine. Per tutti gli altri, per i giocatori, ci sono invece abbastanza regali da far sorvolare sul resto e guardare al film con gratitudine e al futuro con rinnovato entusiasmo: adattare D&D, classi, le sue creature e le situazioni di gioco è possibile. Ora serve fare esperienza, avanzare di livello e sperare che gli dèi dei dadi e del cinema sorridano favorevoli agli avventurieri.

Foto: MovieStills

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