Demeter – Il risveglio di Dracula su un cargo battente bandiera transilvana. La recensione

È possibile fare un film efficace su una storia della quale si sa tutto, ma proprio tutto? Sì, a quanto pare

Demeter – Il risveglio di Dracula su un cargo battente bandiera transilvana. La recensione

È possibile fare un film efficace su una storia della quale si sa tutto, ma proprio tutto? Sì, a quanto pare

demeter recensione
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PANORAMICA
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Fotografia
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Quando è stato annunciato, Demeter – Il risveglio di Dracula (The Last Voyage of the Demeter il titolo originale) è stato accolto da una domanda: è possibile portare di nuovo sul grande schermo una storia horror e thriller della quale si conosce già tutto, e farlo comunque in maniera efficace? Un dubbio legittimo, soprattutto nell’epoca in cui il malumore verso remake, reboot e affini è una parte consistente della conversazione cinematografica. Il regista André Øvredal, però, ci ha ricordato che dove non può la sostanza, ci pensa la forma.

Demeter è l’ennesimo adattamento del libro Dracula di Bram Stoker, uno dei testi cardine della letteratura di genere horror e strettamente legato alla storia del cinema. È la creatura per antonomasia, protagonista di innumerevoli monster movie: il Nosferatu di Murnau del 1922 e il relativo remake firmato Werner Herzog, il Dracula di Tod Browning del 1931 con Bela Lugosi, quindi la serie di film Hammer con Christopher Lee nei panni del vampiro e tanto, tanto altro. Chiunque, al mondo, sa chi sia il Principe delle Tenebre, quale sia la sua storia, poteri e debolezze.

Anche negli ultimi anni è stato raccontato numerose volte: Chris McKay ha esplorato in chiave commedia il rapporto tra Dracula e il suo famoso servo in Renfield, mentre Mark Gatiss e Steven Moffat nel 2020 hanno adattato in tre episodi l’intero romanzo di Bram Stoker, inclusa la parte sulla quale è incentrato il nuovo film di Øvredal, regista norvegese già autore di film horror e di creature dalle alterne fortune come Scary Stories to Tell in the Dark e Trollhunters. Demeter estende le 16 pagine del capitolo sette nelle quali viene raccontato il viaggio di Dracula dalla Romania a Londra: una parte esigua, ma intrigante per molti aspetti.

L’ultimo viaggio della Demeter presenta infatti un’interessante commistione di generi: prevale naturalmente l’aspetto horror, legato a Dracula e alla sua sete di sangue, ma la sua silenziosa caccia all’equipaggio della nave condivide anche alcuni aspetti dei locked room mystery, i misteri della stanza chiusa dall’interno resi celebri dai romanzi di Agatha Christie. La prima parte, quando iniziano cioè a succedere strane cose a bordo della Demeter, è infatti dedicata alle indagini e ai sospetti sulla ciurma stessa, prima che sia chiaro e lampante che la verità è ben più spaventosa. 

Il problema però è semplice: sapendo già sin dall’inizio che sulla nave si nasconde Dracula e quale sarà il destino dell’equipaggio (anticipato anche da un prologo flashforward), il pubblico è per forza di cose messo in una posizione di superiorità rispetto al punto di vista narrativo interno al racconto. Conoscendo già tutti gli aspetti della storia, i meccanismi thriller vengono inevitabilmente a cadere e anzi talvolta è proprio la sospensione dell’incredulità richiesta a scricchiolare a più riprese (quanto ci mettono a controllare le casse nella stiva?). Non potendo lavorare più di tanto sul contenuto (se non aggiungendo nuovi personaggi e giocando con le loro relazioni), Øvredal si è scatenato allora con la forma ed è su questo aspetto che il film si gioca le sue carte migliori.

Demeter – Il risveglio di Dracula è infatti un horror solido, molto curato nella regia e nella fotografia, che fa dei piccoli spazi soffocanti della nave e delle flebili luci della notte la chiave visiva per un tenere comunque incollato lo spettatore ad una storia che già conosce, sorprendendolo non solo per i jump scare e la tensione accumulata, ma per la profondità drammatica che raggiunge in certe sequenze. Spicca per esempio l’intera linea narrativa dedicata al capitano Elliot (Liam Cunningham, Ser Davos ne Il trono di spade) e al giovane nipote, così come la prova di un serissimo David Dastmalchian nei panni del nostromo Wojchek. Regge anche il meccanismo alla base dei monster movie, il reciproco riconoscimento tra uomo e mostro: a portarlo avanti in questo caso è il personaggio del dottor Clemens (Corey Hawkins), medico nero che cerca di dare senso ad un mondo che continua a rifiutarlo.

È proprio nello scontro ontologico tra il dottore e il Principe delle Tenebre che sono contenuti i migliori spunti di Demeter – Il risveglio di Dracula, esaltato anche dal design della creatura stessa che richiama proprio il Nosferatu di Murnau. Siamo lontani dal suadente nobiluomo interpretato da Claes Bang nella miniserie Netflix, qui la scelta è stata quella di puntare forte su un Dracula animalesco, ferino e per questo percepito ancora più malvagio. Un Alien vampiro a bordo di una nave battente bandiera transilvana, per così dire. Demeter è più vicino ai classici della Hammer che a quelli della Universal, una formula che tampona le inevitabili forzature narrative ed effetti speciali non esattamente di primo livello.

Il tentativo di Øvredal forse non aggiunge nulla di nuovo alla filmografia di genere, ma è un ottimo promemoria di come un remake, un reboot e via dicendo possano comunque trovare un loro preciso valore e interesse artistico. Storie note, raccontate con voci diverse e tramite sguardi differenti. E al centro sempre lui: l’immortale creatura che ha affascinato e continua ad affascinare la Settima Arte.

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