Black Panther è morto, viva Black Panther. La recensione di Wakanda Forever

Nel nuovo film Marvel il Wakanda è alle prese con il lutto e una nuova terribile minaccia

Black Panther è morto, viva Black Panther. La recensione di Wakanda Forever

Nel nuovo film Marvel il Wakanda è alle prese con il lutto e una nuova terribile minaccia

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PANORAMICA
Regia (2.5)
Interpretazioni (3)
Sceneggiatura (2.5)
Fotografia (2.5)
Montaggio (2)
Colonna sonora (4)

La Fase 4 dell’universo Marvel sul grande schermo si chiude in totale antitesi rispetto al recente passato: dopo il grottesco Thor: Love and Thunder e le punteggiature seriali di She-Hulk e Werewolf by Night, arriva nelle sale Black Panther: Wakanda Forever, vera e propria anomalia nel rodato MCU.

Il secondo film di Ryan Coogler era inevitabilmente chiamato ad un compito ingrato, ovvero fare i conti con la prematura morte di Chadwick Boseman. La scomparsa dell’attore, il 28 agosto 2020, ha costretto la Marvel a ripensare i piani per il sequel di Black Panther ed ha creato le premesse per un unicum nel panorama cinematografico di riferimento. Da Heath Ledger a Philipp Seymour Hoffman, la storia della settima arte ci ha tristemente abituato ad attori deceduti durante o subito dopo le riprese di un film, ma mai prima d’ora un franchise ha dovuto affrontare tali eventi in modo così diretto e personale.

Wakanda Forever non poteva quindi che ruotare attorno all’elaborazione del lutto per la morte di T’Challa e del suo interprete Chadwick Boseman, un dolore in grado di travalicare i confini della finzione e dispiegarsi in maniera meta-cinematografica. Il nuovo Black Panther commuove – parecchio – e lo fa con la semplicità di una malinconia condivisa, capitalizzando nel più triste dei modi possibili il senso comunitario che questi quattordici anni di MCU hanno saputo creare.

La morte del Re, del fratello, del figlio e dell’amico T’Challa è quindi la prima delle due anime che cercano di convivere in Wakanda Forever. Ne rappresenta l’alba e il tramonto, ma nel mezzo c’è un’intera giornata da vivere e cui sopravvivere. Si è infatti aperto un vuoto di potere nell’immaginario paese africano, dando così possibilità a potenze straniere di rendere chiare le proprie mire sul vibranio e di sferrare attacchi diretti alla più potente nazione del mondo.

La minaccia più grande per la Regina Ramonda (Angela Bassett) arriva però da un regno finora rimasto nascosto nelle profondità degli abissi: Talocan, simil-Atlantide guidata dal mutante Namor (Tenoch Huerta) sente infatti a repentaglio la sua esistenza e civiltà a base di vibranio proprio a causa delle recenti politiche del Wakanda. Ne consegue una guerra di alleanze e opposizioni con echi tremendamente attuali.

Black Panther: Wakanda Forever mostra infatti una seconda faccia, quella di un film smaccatamente politico che ancora una volta si scontra con aspetti della realtà che ne modificano la percezione e la portata storica. Il primo capitolo uscito nel 2018 è stato un clamoroso successo anche e soprattutto per via delle istanze sociali specifiche di cui si era fatto portatore: prima grande produzione nera o afro-americana dei cinecomic Marvel, i suoi meriti andavano oltre i contenuti e si legavano strettamente all’attualità, al movimento Black Lives Matter nato nel 2013 e al racconto cronachistico dell’America di oggi.

In questo secondo caso, invece, oltre alla dicotomia tra dolore e dovere causata dalla scomparsa di Boseman, le riflessioni e i riferimenti a potenze mondiali, risorse preziose e logiche di guerra richiamano quanto sta accadendo nel mondo adesso e alla situazione russo-ucraina – ma involontariamente. Scritto e girato prima dell’inizio del conflitto in atto (le riprese sono finite a marzo 2022) e senza quindi volersi imporre da principio come una sorta di instant cinecomic, la trama e gli sviluppi di Wakanda Forever mettono a loro volta sul campo invasori, invasi ed invasati, tessendo così un altro filo che dalla narrazione interna si collega al realtà hic et nunc

Il risultato è quindi un’anomalia: un film Marvel che non vuole mai far ridere e che al contrario cerca di unire insieme dramma personale e politica. Una materia molto distante dal resto dell’MCU (persino dall’incursione horror di Sam Raimi) e che causa non pochi problemi di dinamismo e ritmo rispetto agli standard, che grava come un macigno sulle spalle dei sopravvissuti e spinge a pensare che paradossalmente senza supereroi, tute, tecnologia sci-fi e cioè avulso dall’impianto da cinecomic, Wakanda Forever avrebbe avuto molto più da dire e una maniera più naturale per farlo.

Foto: Marvel

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