Il tema dell’incontrollabile passione corporale, abbinato all’atto adultero più improbabile, è una coppia che, da decenni, stuzzica il pubblico. Se tra la fine degli anni 80’ e 90’ si ha senz’altro avuto un accumulo di prodotti audiovisivi incentrati su questi tòpoi, specialmente con alcuni cult della settima arte (basti pensare all’operato di Adrian Lyne, per fare l’esempio più immediato), non smettono ancora oggi di attrarre attenzione, specialmente quella dei fruitori di contenuti casalinghi.
Tra i lavori più incisivi provenienti da quel periodo storico, Il danno (Damage, 1992) merita senz’altro di essere citato, tanto per l’incredibile alchimia – per nulla scontata, data la difficoltà delle sequenze più spinte – tra i due attori principali, Jeremy Irons e Juliette Binoche, ma anche per la capacità di un veterano quale Louis Malle di mettersi alla prova, con esito positivo, attraverso un progetto così distante dai tasselli più significativi della sua filmografia.
Trentuno anni dopo, Netflix decide di riprendere il testo di partenza di Josephine Hart e dare vita a Ossessione, una miniserie strutturata in quattro puntate con protagonisti Richard Armitage e Charlie Murphy. I due interpretano, rispettivamente, William Farrow, chirurgo di successo annoiato dalla vita matrimoniale, e Anna Barton, fidanzata del figlio di lui, tra i quali si instaura immediatamente un’infatuazione animalesca, che rischia di mettere a repentaglio la normalità delle loro vite.
Il primo fattore, sin da subito, a far storcere il naso è il formato dell’adattamento, in quanto gli episodi hanno una durata che, a stento, gira attorno alla quarantina di minuti, andando a coprire la durata di un lungometraggio. Pare, quindi, già un’occasione sprecata non approfittare dei tempi televisivi e della loro maggiore distensione per approfondire maggiormente i personaggi, che rimangono blandi come in molte opere appartenenti a tale filone.
Un peccato doppio in quanto Richard Armitage e, in primis, Charlie Murphy sono, forse, l’unica fonte di valore di Ossessione: Anna Barton è una femme fatale che, seppur estremamente abbozzata nella sua introspezione, conquista il pubblico e non ha niente da invidiare alla versione del personaggio di Juliette Binoche. Armitage, seppur più impostato, riesce a restituire la crescente dipendenza sessuale del represso padre di famiglia.
La disperazione subentra nel momento in cui i ritmi “mordi e fuggi” da piattaforma streaming non permettono alle sequenze osé di sprigionare la loro potenziale carica erotica: un montaggio ipercinetico, ai limiti del fastidio, e una regia scolastica non lasciano tempo al film di raccontare, senza il supporto di dialoghi, questo atipico e morboso rapporto.
Tali scene sembrano costituire un mero intermezzo per proseguire l’allucinante intreccio più che un mezzo per mostrare due umanità che si avvicinano e affrontano carnalmente senza l’ausilio della parola. La componente thriller, infatti, fallisce nel compensare tale mancanza, in quanto colma di insignificanti personaggi secondari, che conducono i due comprimari in situazioni e risvolti improbabili, che flirtano continuamente con il comico involontario.
Si esce dal breve tour de force con l’amaro in bocca, in quanto la miniserie prosegue con un’attitudine da prodotto che vorrebbe ambire a più che uno status da guilty pleasure, ma anche al pensiero che la stessa coppia di attori, affiancata da un regista dall’occhio meno frenetico e svilente, avrebbe potuto dar vita a una trasposizione quantomeno convincente.
Foto: Gaumont Film Company, Moonage Productions
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