Noi Siamo Infinito: la recensione di Matelda Giachi

Noi Siamo Infinito: la recensione di Matelda Giachi

La verità è che, crescendo, diventiamo presuntuosi.
Nutriamo un certo disprezzo nei confronti di film i cui protagonisti hanno meno di 20 anni.
Perfino se ripensiamo alla nostra di adolescenza, la guardiamo dall’alto in basso: “che stupida che ero”. E questo non succede a 40 anni; non appena acquistiamo un po’ di forza, respingiamo subito il ricordo della passata fragilità.
Eppure essa non è che uno dei tanti temi che il cinema può porre al suo centro, come l’amore, il lavoro, l’amicizia, la malattia…
L’unico vero discriminante , quando si tratta di film, è la qualità della realizzazione. E “Noi siamo infinito”, è una pellicola che conquista.

Lontano da qualunque luogo comune, esplora l’universo adolescenziale senza superficialità. Attraverso le esperienze dei tre protagonisti, rappresenta le insicurezze e le emozioni di tutti.
Charlie (Logan Lerman), appartenente alla categoria degli intelligenti ma timidi, inizia il liceo in completa solitudine, fino a che due ragazzi dell’ultimo anno, i fratellastri Sam (Emma Watson) e Patrick (Ezra Miller), non lo prendono sotto la loro ala.
Charlie ha nel suo passato ferite particolarmente profonde (tra cui un migliore amico che pare essersi sparato un anno prima, tema che però non viene poi approfondito), ma l’ingresso in un mondo fatto di persone anche loro imperfette lo farà sentire improvvisamente meno solo.
“Benvenuto nell’isola dei giocattoli difettosi”.
Sam si regala a uomini immeritevoli dall’età di 11 anni, inconsciamente convinta di non meritare altro; Patrick finge di vivere tranquillamente la propria omosessualità, ma quando scende la notte la serenità scompare e lascia il posto alle lacrime.
Tra i loro amici, una punk buddista e una ladra di Jeans ricca di famiglia.
Ciascuno a suo modo , è alla disperata ricerca della propria identità e del proprio posto nel mondo.

Lo sceneggiatore e regista Stephen Chbosky non si limita a descrivere i conflitti interiori tipici di questa età, ma pone anche un accento su quanto l’intero contesto che circonda un ragazzo sia determinante nel direzionare il suo procedere a tentoni attraverso questa fase delicata della vita.
Una famiglia che ti si stringa intorno, un insegnante che abbia voglia di vedere oltre la facciata dei suoi studenti e si comporti non solo da professore, ma da guida.
Ecco che il film si fa monito anche per gli adulti.
Avrei adorato trovare sulla mia strada un insegnante come il signor Anderson (Paul Rudd), che mi passasse libri da leggere e mi spingesse a seguire i miei sogni.

Lerman promette di diventare uno dei più grandi attori del futuro. E’ davvero degno di lode come riesca a esprimere, attraverso il proprio sguardo, anche emozioni di difficilissima rappresentazione, come la terribile voglia di partecipare mista a terrore di buttarsi.
Chiunque abbia visto Harry Potter, non appena fa la sua apparizione in scena, riconosce subito una Hermione Granger con meno capelli. Ma Emma Watson, di Hermione, nella sua interpretazione, non ha portato proprio niente. Dopo essere cresciuta sul set della celebre saga, si è chiesta se fosse quello che voleva fare veramente nella vita. Ha scelto che vuole fare l’attrice e si vede. Sembra pronta ad iniziare una grande carriera.
Ezra Miller ci regala un Patrick dalla personalità multisfaccettata, perfetto.

La cornice profuma deliziosamente di vintage. “The Rocky Horror picture show”, “Heros” di David Bowie, “Don’t dream it’s over” dei Crowded house… E l’abitudine di usare come veicolo per i propri sentimenti su cassette registrate dalla radio. In poche parole, l’inizio degli anni ’90, quel meraviglioso periodo in cui il progresso è già a portata di mano ma non abbastanza da rendere tutto scontato.

A questo giro la critica aveva ragione, una delle nuove uscite che ho preferito.

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