My Old Lady: la recensione di Mauro Lanari

My Old Lady: la recensione di Mauro Lanari

Se Maggie Smith e Kristin Scott Thomas erano già state madre e figlia ne “La famiglia omicidi” del 2005, la Scott Thomas e Kevin Kline avevano già fatto coppia ne “L’ultimo sogno” del 2001, film girato da Irwin Winkler e di cui quest’esordio cinematografico del 75enne famoso drammaturgo ebreo-statunitense Horovitz sembra quasi un remake, sia appunto per il riciclaggio dei protagonisti (sebbene l’amalgama fra i due non brilli affatto) sia per l’argomento e l’approccio: lo scontro intergenerazionale con un edificio quale sua allegoria (il titolo originale della pellicola di Winkler è infatti “Life as a House”). Horovitz traspone la propria pièce teatrale, che però e dell’anno successivo (rappresentata per la prima volta nel 2002 al Promenade Theatre di New York); non ne modifica la derivazione da “Kammerspiel” e non si capisce perché troppi recensori abbiano criticato tale scelta (“impianto che soffre inevitabilmente degl’angusti confini da palcoscenico”, deficitario dell'”aspetto più prettamente registico, fotografico e immaginifico”), scelta che viceversa rientra in uno storico filone della 7a arte connotato dal “forte accento posto sui primi piani e sulla percezione delle sfumature nell’emozioni dei personaggi”. “My Old Lady” non fa eccezione e i suoi momenti più intensi giungono appunto dal “lavoro intenso sugl’attori, chiamati a veicolare i temi nei tanti dialoghi e primi piani”. L’impressione è che semmai i difetti del film risiedano altrove e paradossalmente proprio nella sceneggiatura: persino più melliflua rispetto al già buonista “L’ultimo sogno” e ancor più inverosimile nei suoi “coup de théâtre” (!) eccessivi e purtroppo prevedibili. 59% su RT per analoghi motivi.

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