“Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”. Alcune delle quali, aggiungo, preferisco non rivederle mai più.
Non nascondiamoci, “Magic Mike” è un film di spogliarellisti, il che significa visione su grande schermo di fisici da paura. Letteralmente. Una meraviglia. Wow. Non è decisamente a questi che il mio”mai più” è indirizzato.
Giacché ho cominciato la mia recensione con una nota negativa, vediamo di esaurirla subito: se da una parte, appunto, questi ragazzi sono belli da perdere il fiato, è anche vero che, ripreso un normale ritmo respiratorio, la mercificazione del corpo maschile finisce per essere squallida quanto quella del corpo femminile. Sarà un caso che il pubblico nel loro locale sia composto esclusivamente da una fauna di donne o molto sfigate o molto infelici?
La mia sensazione in merito quindi, alla lunga, non è stata molto positiva, ma in fondo, dato che tra modelle, veline e tutti i loro ibridi, le donne “svelate” ci vengono propinate a qualsiasi ora e in ogni dove, possiamo lasciare che qualche uomo goda per un po’ della tremenda scomodità di un perizoma e stare a guardare non prive un certo compiacimento.
La firma di Steven Soderbergh (Erin Brockovich, Ocean’s Eleven) mette comunque in salvo dallo strapiombo trash in cui un film del genere rischia di precipitare con estrema facilità. Pensatelo nelle mani di Neri-Parenti: ecco, lo sentite il brivido freddo lungo la schiena?
Diciamo così, siamo di fronte ad una pellicola che non ha niente di straordinario, a partire dalla storia, tutto sommato vista e rivista, ma che è abbastanza ben condotta da poter concedere una piacevole serata di svago. E diciamolo, ogni tanto un po’ di leggerezza è necessaria, anzi, direi vitale.
Nutro seri dubbi su una sua eventuale candidatura agli Oscar, ma tutto sommato non è male.
La parte migliore del film credo sia stata l’immaginare i passi della sua realizzazione, quel dietro le quinte in cui questo gruppo di uomini si è trovato ad avere a che fare con lamette, costumi di scena imbarazzantii e coreografie improbabili. Oltre alla capacità recitativa ci vuole anche quella di saper giocare e prendersi in giro.
Il cast di attori è vario, tra più e meno bravi. Ad un ottimo Matthew McConaughey, il migliore, è affidata la parte del grottesco e agghiacciante capo del locale. Un’interpretazione molto riuscita, dal momento che, ogni volta che la camera si sofferma su di lui, sprofondi di qualche centimetro nella poltrona e ti porti una mano alla fronte con fare sconfortato.
Channing Tatum è il famigerato Mike, protagonista dello show. Non un mostro di bravura (comunque accettabile) in fatto di recitazione, ma è davvero un ottimo ballerino. Il regista, in mezzo ai numeri da streap tease, ha lasciato infatti un minimo di spazio al protagonista per esprimersi tramite la danza. Una scelta a mio parere azzeccata, non solo per la capacità di movimento del ragazzo, che così fa davvero spettacolo, ma anche perché il film stesso ci guadagna in un alleggerimento dei toni.
Abbiamo poi la donna della situazione, quella che, ovviamente, è una brava ragazza, e alla quale, altrettanto ovviamente, va il merito di far riflettere il protagonista sui vuoti della propria esistenza e di cui lui si innamorerà. Sempre ovviamente. Come quest’ultimo fatto possa però verificarsi sfugge alla mia comprensione.
Lei, tale Cody Horn, oltre ad essere un personaggio piuttosto frigido per ragioni di copione, ha l’espressività di un carciofo in pinzimonio. Non so se ciò sia dovuto a mancanze nella sua formazione di attrice o al fatto che il suo modello e fonte di ispirazione sia la collega Kristen Stewart, fatto sta che ha scelto un’espressione all’inizio delle riprese e quella ha mantenuto fino in fondo. Quando la coerenza diventa eccessiva…
In realtà vi è una scena in cui si concede una risata, ma il risultato è talmente inquietante che, quando l'”attimo di follia” è terminato, non puoi che sentirti sollevato.
Lo spunto di riflessione: Mike FA lo spogliarellista, non lo E’ (come tenterà di spiegare alla sua bella tra vari “Eeeeh, mmmm, kmmm, uhm” in un monologo quasi da oscar).
Ha 30 anni e soprattutto ha un sogno; ma i sogni sono per i privilegiati e costano cari. Il prezzo da pagare è accettare di vivere una vita non tua, col rischio di rimanervi intrappolato, se non incontri qualcuno che ti aiuti a riemergere, nella speranza di avere un’occasione. Forse.
Quante se ne sentono di storie simili, e anche peggiori, ogni giorno?
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