Maestro racconta la storia dell’intensa, coraggiosa storia d’amore scaturita dalla lunga relazione tra Leonard Bernstein (Bradley Cooper), ritenuto uno dei più grandi direttori d’orchestra e compositori di tutti i tempi e autore delle musiche di West Side Story, e la moglie Felicia Montealegre Cohn Bernstein (Carey Mulligan), che fu legata al celebre musicista da un matrimonio d’amore che dovette affrontare i numerosi amanti di lui, che era omosessuale, e si ritrovò a fare i conti con un carattere turbinoso e non facile.
Alla sua seconda regia dopo il successo planetario di A Star is Born, anch’esso da lui diretto e interpretato accanto a Lady Gaga, Bradley Cooper scommette nuovamente sulle sue capacità registiche in un film, distribuito da Netflix, che è un dolce e spietato tour de force romantico e musicale immerso in un bianco e nero perlaceo di notevoli eleganza e nitore formale, avvolto in un preciso arco temporale che si fa anche un racconto laterale degli Stati Uniti dagli anni ’40 agli ’80.
Il film, in Concorso a Venezia 80, somiglia a una sorta di controcampo più arthouse e raffinato del precedente film di Cooper, con il quale condivide il cuore del racconto: la tormentata storia d’amore tra due figure artistiche segnate dalla reciproca passione ma anche da un talento bruciante e, pertanto, difficilmente gestibile attraverso traiettorie convenzionali.
Lo stile è epico e avvolgente e trasuda tutta la passione di Cooper per la materia, che arriva da un lontano dato: a casa dell’attore, quand’era ragazzo, si ascoltavano infatti diversi album di musica lirica e classica e lui stesso ha dichiarato di aver passato ore a immaginare di dirigere un’orchestra, mettendoci tutto l’impegno di un bambino di otto anni e ascoltando di continuo, in particolare, proprio un’incisione di Leonard Bernstein.
Prodotto da Martin Scorsese e Steven Spielberg, che aveva a lungo accarezzato l’idea di dedicarsi al progetto prima di virare sul suo autobiografico The Fabelmans e di cederlo dunque all’amico Cooper, smanioso di confrontarsi con una figura così centrale per la sua formazione, Maestro è un film per certi versi convenzionale, un esempio di method acting all’americana in cui a brillare, oltre all’impaginazione impeccabile, è anche la trionfante bravura dei due interpreti, perfettamente amalgamati.
Se Cooper, molto somigliante a Bernstein con un make-up prostetico di assoluto livello, conferma di saper padroneggiare sfumature assolutamente mature e sfaccettate come interprete, a stupire per l’ennesima volta è la solita Carey Mulligan, attrice di razza abituata a personaggi fragili e sfaccettati, ma non per questo non fieri, e tendenti all’auto-determinazione (la nomination all’Oscar per entrambi, nonostante le polemiche che hanno investito il film per il naso del protagonista, è praticamente blindata).
A partire dal libro Famous Father Girl: A Memoir of Growing Up Bernstein, e con il placet della famiglia e della figlia Jamie Bernstein, Maestro dà vita a un racconto minuzioso e mai sensazionalistico, che gestisce con equilibrio un materiale umano e artistico flagrante e a tratti incandescente fino a sfociare, col giusto tatto, anche nell’esplorazione della malattia e dei suoi strascichi. A impreziosire il cast anche la sempre brava Maya Hawke nei panni della figlia maggiore di Bernstein e un’ulteriore chicca sono i titoli di coda, assolutamente da gustare nella loro interezza.
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Foto: Sikelia Productions, Amblin Entertainment, Lea Pictures, Fred Berner Films
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