Magari meno “Kaos”, grazie. Slegato, disunito: non è così pure l’esistenza? Appunto, basta e avanza, non servono cloni. I primi 10 minuti sono superlativi, tra frammenti dell’Istituto Luce, frasi pirandelliane fuori campo, schegge di cinema italiano, sintesi folgoranti del periodo fascista e postbellico, travolgent’intuizioni metafisiche di livello kubrickian’o dechirichiano. Il seguito si fa via via più ermetico, prosaico, indigesto, sperimentalmente più anarchico ma meno comprensibile, fruibile, godibile. Assenza di “Leonora, addio!”, la novella del titolo, morte di Pirandello, morte del fratello Vittorio, morte del neorealismo, morte d’una delle due ragazze de “Il chiodo” con Bastianeddu che però si comporta com’il protagonista de “La carriola”. In mezzo a quest’estremità funerarie, tumulative, cimiteriali, un flusso antitetico di scenette ironiche, surreali e grottesche, tragicomiche in puro stile Taviani, non sempre poetiche, su chi si sforz’a vivere o a sopravvivere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA