«Preferiresti morire per un tizio che neanche conosci, piuttosto che far finta di nulla?». In questa domanda sta tutto lo spirito di Kick-Ass, capolavoro – parola da usare con parsimonia, di solito, ma in questo caso non sprecata – pop di Matthew Vaughn, uno che non sempre sa dosare gli ingredienti (vedi Stardust), ma che per questo cinecomic le ha azzeccate tutte. A partire dal cast, con il protagonista Aaron Johnson (il John Lennon di Nowhere Boy) a dar vita al supereroe più sfaccettato che si sia mai visto al cinema, e gli altri intorno (Nic Cage che recita come Adam West nel vecchio telefilm Batman, Christopher Mintz-Plasse che archivia l’ombra ingombrante di McLovin) a dare ritmo e colore alla pellicola. E poi c’è Hit-Girl (Chloë Moretz, ricordate la sorella linguacciuta di Joseph Gordon-Levitt in (500) giorni insieme?), una peste iperviolenta e sboccata, che sembra uscita da un sogno di Tarantino e trasporta tutto il film sul piano dell’assurdo. La storia, pur non innovando nulla e con qualche momento di riflessione filosofica di troppo (si chiama “sindrome di Spider-Man”), è godibile, anche grazie alla straordinaria mano di Vaughn, uno che riesce a citare Sin City, i videogiochi e Suxbad in cinque minuti. Qualcuno l’ha trovato offensivo, altri l’hanno liquidato come pastiche. Per noi, Kick-Ass è un trionfo postmoderno, un film di supereroi come solo nel XXI secolo si sarebbe potuto fare.
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Mi piace
Praticamente tutto. Dialoghi frizzanti, attori strepitosi, regia impeccabile, citazionismo, divertimento, sentimenti. Si ride, si piange, si rimane a bocca aperta.
Non mi piace
A tratti Kick-Ass (il personaggio, non il film) si parla un po’ troppo addosso. Sono comunque pochi istanti di zoppìa in un ingranaggio altrimenti perfetto.
Consigliato a chi
Ha amato Il cavaliere oscuro e Watchmen ma è in cerca (anche) di leggerezza e violenza parossistica. Ma anche a chi vuole sapere come dev’essere fatto un cinecomic nel 2011.
Voto: 5/5
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