Cronaca d’un declino annunciato. A volerli e saperli cogliere, i presupposti esistevano già in “Matrix”: “sci-fi” innovativa rispetto al trittico Dick/Ballard/Asimov e al cyberpunk in senso stretto (W. Gibson, B. Sterling), un’opera epocalmente originale quant’ambigua, ancora capace d’unire effetti e affetti speciali, straripante di scene e dialoghi indimenticabili ma fallimentare sul piano teoretico. Il pastiche interreligioso si svelò un pasticcio sincretista fra il tradizionalismo della spiritualità occidentale e orientale, il Cristianesimo e il Buddhismo. Neo e Trinity, nonostante il tentativo di reinventare il loro rapporto amoroso, riconfluivano nel sacrificio da messianismo cristologico, mentre l’induistico velo di Maya veniva recuperato nella versione aggiornata offerta dalla filosofia analitica di Putnam e dei suoi “brains in a vat” (1981). Qualcosa di simile era capitato nell’800 a Schopenhauer, anch’egli autore d’un unico lavoro importante caratterizzato da velleità e limiti analoghi. Il distinguo buddhista fra essere e apparire (cf. la Lana in Larry) fu introdotto nella nostra cultura senza l’apporto di significativi cambiamenti m’anzi ereditando tutte l’aporie di partenza, idem con la “cum-passio” fin troppo sovrapponibile al martirizzante legame affettivo proposto nella religione del Nazareno. La trilogia servì a manifestare ogni corollario negativo derivante d’assiomi postulatori così opinabili. D’allora i Wacho, come Schopenhauer, hanno proseguito lungo la loro china autoderivativa, autocitazionista, involontariamente autoparodistica. Inutile dilungarsi stavolta con “Silver Surfer” e “Brasil”, “Cenerentola” e “Dune”, “I guardiani della galassia” e Spock, tresche scespiriane e teorie junghiane (“Le dee dentro la donna”, Jean Shinoda Bolen, ed. or. 1984, ed. it. 1991), i Lycan della saga d'”Underworld” e “space opera” fantasy, prospettive glocal, realtà distopica e macroeconomia anticapitalista: una miriade di spunti di sceneggiatura non sviluppati, sottotrame abbozzate e abbandonate, protagonisti inespressivi, anempatici, antipatici, action frastornante e mai avvincente, visionarietà da “disinteresse plenario”, CGI kitch in sovrabbondanza, battute da far cadere “le palle di Stalin” (cit.), epopea priva di pathos. Quel ch’i due Wacho avevano da dire è terminato già nel 1999. 20% su RT.
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