Il discorso del re: la recensione di Frenck Coppola

Il discorso del re: la recensione di Frenck Coppola

In questo weekend appena passato la mia scelta era ricaduta sul cinecomics The Green Hornet, ma qualcosa dentro di me ha fatto optare per un cambio a due passi dalla biglietteria, ebbene ho voluto constatare la consistenza delle 12 candidature agli Oscar 2011 del film Il Discorso del Re, vuoi per il mio amore per i film con sfondo storico, vuoi per la curiosità destata dal tam tam mediatico non mi son lasciato spaventare dalla complessità della trama film che come molti di voi saprà ruotava intorno alla malattia del re Giorgio VI ai tempi dell’occupazione nazista.
Chiaramente quando ti accingi a vedere un film con cosi tante candidature agli Oscar non puoi fare a meno di creare in te un’aspettativa altissima ed anche in questo caso è stato cosi, il film non godeva di un budget colossale perciò la mia attenzione si è riversata molto sull’aspetto interpretativo e sul contesto particolare che soltanto una famiglia regale può vantare.
Il regista abbastanza sconosciuto ai più, Tom Hooper si è fatto notare per il film Il Maledetto United e a pro di ciò avrebbe dovuto impressionarmi in positivo per essere entrato nella quintina vincente del miglior regista al posto di Nolan, ebbene il talento si è visto e come, ha saputo mischiare sapientemente una difficile malattia con molta ilarità sparsa qua e la il tutto farcito da un contesto di vita privata che in molte occasioni ha fatto pensare a quanto potesse essere difficile essere reali, il cast di sicuro ha dato una mano forte al suo lavoro, a mio parere un grandissimo Geoffrey Rush ha dato lezioni di recitazione per tutta la durata del film, bravissimo anche il protagonista Colin Firth, molto profondo nell’interpretare un ruolo veramente difficile come quello di uno dei re più amati della storia inglese recente che ha dovuto lottare con la balbuzia fin dai primi anni di vita, riuscendo poi a portare sulle sue spalle il fardello di un ruolo che di diritto non gli spettava essendo il secondo genito di Giorgio VI, breve cenno storico il fratello ed erede Eduardo VII al trono abdicò per inettezza e problemi personali.
Nel cast comunque non hanno brillato soltanto loro due, infatti la prediletta del regista Tim Burton, Helena Bonham Carter nella parte della moglie di Giorgio VI, è stata una spalla importante tanto da meritarsi la candidatura anch’essa ai prossimi Oscar, nel cast comunque di livello hanno spiccato anche Guy Pearce nella parte di Eduardo VII e Michael Gambon nella parte di Giorgio V.
Ottima l’intesa tra Geoffrey Rush e Colin Firth che un pò ha caratterizzato l’intero proseguio del film, rendendo una brutta malattia in qualcosa di divertente quando lo stesso logopedista (Rush) convince il re a collaborare con i suoi bizzarri metodi di guarigione fino a quel momento storico ancora impensati, i due non hanno soltanto fatto ridere i più, ma hanno colpito profondamente il pubblico in alcune scene particolari, il rapporto infatti non è mai sembrato scontato e idilliaco, molti scontri hanno portato al risultato finale e i due attori perciò meritano anche loro direi ampiamente la candidatura, a mio avviso Geoffrey meriterebbe anche l’Oscar.
Di solito è molta l’invidia verso chi vive agiatamente in una famiglia regale, ma in questo film tutto viene reso molto diverso, in un periodo di sicura difficoltà storica la vita di re Giorgio VI spiega come molte volte i soldi non sono tutto e che certi problemi sono comuni sia se sei di sangue nobile che se invece vivi normalmente pagando le tasse e stentando a fine mese, un forte plauso perciò va fatto agli sceneggiatori che hanno infuso nella trama storica certe dinamiche di vita reale dando cosi quel senso di uguaglianza, almeno nelle difficoltà, tra noi e loro rendendo un re molto più simile ad un’impiegato con le varie sofferenze e momenti di soddisfazione.
In definitiva mi sento di promuovere fermamente il film e la maggior parte delle candidature, ed anche se molte non verranno premiate con l’Oscar, Il Discorso del Re è davvero un piccolo capolavoro cinematografico.

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