Dopo nemmeno un anno di regno, il re Edoardo VIII abdica nel 1936 a favore del fratello Albert, detto Bertie, che diventerà, pur riluttante, re col nome di Giorgio VI. Bertie fin da piccolo era stato vittima di molti disturbi, quali l’essere mancino, le gambe storte e il più evidente, la sua balbuzie. Calarsi in un personaggio così problematico è di per se un compito difficilissimo, e Colin Firth ci riesce alla perfezione senza mai cadere in facili patetismi e dando a questo personaggio la fierezza che si confà ad un regnante. “Il discorso del re” è un classico film da far vincere l’oscar al suo protagonista, ciononosante ogni singolo personaggio, persino uno che dice solo una battuta è perfetto. Ovviamente la più grande interpretazione rimane quella di Firth ma al suo fianco vediamo un Geoffrey Rush, bravissimo e istrionico come non lo vedevo dai tempi dell’invisibile “Tu chiamami Peter”. Non a caso le migliori parti del film sono quelle in cui questi due mostri della recitazione duettano e si esercitano in pratiche bizzarre e non proprio ortodosse. Il film andrebbe visto in originale per apprezzare al meglio le prove dei singoli attori, anche se il doppiaggio è fatto molto bene, eccenzion fatta per Chuchill che ridicolizza l’interpretazione di Timothy Spall.
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