Tratto dal primo volume della trilogia scritta da Suzanne Collins, Hunger Games ha il merito di presentare tematiche interessanti e importanti rivolgendosi ad un pubblico molto vasto, con particolare attenzione nei confronti di quello adolescente. La storia ha alcuni punti di contatto con Battle Royale, romanzo giapponese scritto da Koushun Takami e poi adattato per il mercato dei manga e cinematografico, con cui condivide la premessa per poi svilupparsi in modo autonomo.
Sul pianeta Panem ogni anno vengono organizzati i cruenti Hunger Games: un torneo in diretta televisiva in cui ventiquattro giovani, estratti a sorte dai dodici distretti, per volere del governo combattono uno contro l’altro fino alla morte. Nel Distretto 12 Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence) si offre volontaria per salvare la sorellina, mentre il tributo maschile è Peeta Mellark (Josh Hutcherson), con cui la ragazza stabilirà un legame affettivo, reale o forse a favore delle telecamere. I due ragazzi vengono affidati al mentore Haymitch Abernathy (Woody Harrelson), un tempo vincitore degli Hunger Games e ora alcolizzato, e al sensibile stylist Cinna (Lenny Kravitz) che offre consigli e calore umano prima dell’entrata nell’Arena in cui i Tributi proveranno a sopravvivere, anche stringendo alleanze, e a conquistare il favore del pubblico che potrebbe salvarli.
Gary Ross, al suo terzo film dopo Pleasantville e Seabiscuit, ha accettato la difficile sfida di adattare un romanzo amato da milioni di lettori in tutto il mondo e l’ha vinta grazie al fondamentale contributo di un cast di altissimo livello. Jennifer Lawrence è una delle attrici di maggior talento della sua generazione e lo dimostra ancora una volta, dopo Un gelido inverno e X-Men: l’inizio, con un’interpretazione misurata ed emozionante che sottolinea la forza d’animo, la morale di Katniss e le sue difficoltà nell’affrontare le dinamiche sociali di Capitol City. La protagonista, penalizzata da un doppiaggio italiano poco fedele all’originale, ha saputo rendere alla perfezione l’equilibrio della ragazza tra sentimenti reali, come il legame che stabilisce con Rue (Amandia Stenberg), e i finti sorrisi a favore di telecamera durante le trasmissioni di Caesar Flickermann (un Stanley Tucci per copione sopra le righe e pittoresco), risultando credibile anche nelle sequenze di azione. L’intero cast va promosso a pieni voti: dal machiavellico Donald Sutherland (il presidente di Panem Coriolanus Snow), all’implacabile Wes Bentley (l’organizzatore degli Hunger Games Seneca Crane). Un po’ sottotono invece le interpretazioni di Josh Hutcherson e degli altri Tributi che risentono del confronto diretto con la bravura della Lawrence. Le differenze sociali tra i vari Distretti sono ben delineate e Capitol City viene ritratta in maniera incisiva con una fotografia luminosa, e scenografie e costumi sontuosi che ben si contrappongono con la povertà fuori dalla capitale. La sceneggiatura segue bene i momenti chiave del romanzo, aggiungendo anche alcuni particolari interessanti legati a Seneca Crane, ma perde di incisività nella parte finale in cui gli eventi scorrono fin troppo velocemente. Gary Ross sceglie un approccio stilistico che segue da vicino le vicende e i suoi protagonisti, ma quello che manca a Hunger Games è il coraggio (forse anche per direttive della stessa casa di produzione) di mostrare con realismo la violenza nell’Arena e la trasformazione obbligata dei giovani in killer. Il film riesce tuttavia a convincere ed emozionare, facendo crescere l’attesa per il secondo capitolo della saga.