Sono passati 12 anni da quando Truman Burbank/Jim Carrey, conduceva ignaro un’idilliaca esistenza nel mondo plasmato per lui dall’onnipotente demiurgo Christof/Ed Harris.
La pellicola in questione era il celeberrimo The Truman Show, sul grande schermo in un periodo in cui il format reality non era ancora quel fenomeno di costume che in seguito sarebbe diventato, e “naufraghi” e “isole” erano solo due sostantivi di uso comune, mentre il Grande Fratello soltanto un termine di Orwelliana memoria .
Tocca all’intensa Jennifer Lawrence vestire i panni della protagonista Katniss Everdeen, lineamenti dolci e carattere ferreo, la quale tanto coraggiosamente si offre volontaria al posto della sorella come partecipante agli Hunger Games, sanguinosa gara disputata annualmente come punizione alla rivolta di cui decine di anni prima si sono resi partecipi gli stati dell’ex Nord America, la Nazione di Panem del film.
Tanto il borghese Truman per molti anni viveva inconsapevole nella sua gabbia dorata, quanto in Hunger Games la povera ma sveglia Katniss è pienamente conscia, fin dal principio, del pericolo mortale che si appresta ad affrontare.
Ventiquattro tributi in carne e ossa, docici ragazzi e altrettante ragazze, catapultati in un contesto bucolico e al tempo stesso ipertecnologico, sanguinosa girandola dove la morte può celarsi tanto in una pianta velenosa quanto in quello che credevi un tuo amico, scenario in scala reale di crudeli tradimenti e insperate coalizioni.
E’ una battaglia senza esclusione di colpi quella mostrataci dal regista Gary Ross nella trasposizione cinematografica tratta dalla trilogia best-seller dell’americana Suzanne Collins, contesto in cui si è al tempo stesso potenziali vittime e implacabili carnefici, e dove per avere salva la vita non resta che un’unica soluzione: vincere.
Lo spettatore attento – al quale, seppur totalmente coinvolto dall’efferato triathlon che gli si para innanzi, difficilmente sfuggiranno i neppur troppo celati rimandi mitologici – verrà portato a chiedersi se la cinica umanità apaticamente spettatrice dei crudeli giochi si discosti poi così tanto dalla realtà odierna, dove tutto è spettacolo e lo spettacolo è il veicolo di tutto.
E’ quindi un universo del tutto impietoso e privo della benché minima umanità quello che ci viene mostrato in Hunger Games?
Tutto il contrario. E’ emozionante vedere le grandi passioni e i gesti di riconoscenza e di sincera amicizia che alcuni personaggi sono in grado di dimostrare al pubblico che dal di fuori ne scruta, e inesorabilmente ne giudica, ogni minimo gesto, luminose scintille di solidarietà in un mondo che, forse, può ancora sperare.