Impietoso Porro sul Corsera: “Nonostante i nuovi sceneggiatori Craig-Strong, la somma degl’addendi (e degli sbadigli) non cambia. Ridicola la pretesa sociale, e il tono dell’intero film non ha polso né magnetismo, non c’è neppure il gusto action trash, pur rovistando nell’epica dell’umiliazioni e sopraffazione del mondo per dire che ci sarà sempre uno Spartacus pronto a salvarci.” Più equilibrata la Kezich su “La Stampa”: “Per la seconda volta alla regia, Francis Lawrence si comporta correttamente: poteva inventare trucchetti a effetto per dare più azione e invece, con spirito di fedeltà al testo, bada a sottolineare i temi contrapposti della fama come potente arma di propaganda e della forza dei sentimenti autentici, provvedendo a creare il giusto clima d’attesa.” Chi stronca il film scrivendo “Costretti ad infarcire una prima parte che avrebbe potuto tranquillamente andar via in 40 minuti, ma ne impiegherà 120 per riuscire nell’impresa, gli sceneggiatori […] si sono così dovuti barcamenare tra dubbi esistenziali della protagonista e autentici trattati di comunicazione applicati al mondo pubblicitario”, forse dimentica il pubblico a cui il regista e la scrittrice si rivolgono: se non proprio un “teen-target”, almeno uno YA (“young adult”), e non ritengo che in questa fascia d’utenza ci siano i margini per affrontare simili temi in maniera diversa. “Fine dei giochi, nel terzo […] capitolo della saga. Echi della lI Guerra Mondiale e dei reality tv: Katniss […] entra nella Resistenza […e] al distretto 13 è ora della rivolta. Lento, ma notevoli cast e rimandi greco-romani” (Cinzia Romani, “Il Giornale”).
© RIPRODUZIONE RISERVATA