Exodus – Dei e Re: la recensione di Mauro Lanari

Exodus – Dei e Re: la recensione di Mauro Lanari

Spettatori davanti a un film di Ridley Scott: perplessi. Parafrasando il titolo del film di Kluge, Leone d’oro 1968, il cineasta britannico sconcerta coll’insistere nel riproporre la struttura alla base de “I duellanti”, il suo esordio del ’77 premiato a Cannes come migliore opera prima sull’onda dell’entusiasmo di Rossellini che presiedeva la giuria. Scott “onora il pensiero di Conrad su storia, destino e belligeranza umani” mediante un duello che simboleggia “lo scontro/confronto fra da una parte l’orgoglio pervicace di Keitel e dall’altra la padronanza di sé e la ragionevolezza di Carradine”. Antieroe ed eroe, antagonista e protagonista, figura napoleonica e suo antidoto, nero e bianco, male e bene, tutta la Storia ridotta a questo schema semplicistico e d’allora da lui ripetuto troppe volte. Purtroppo il Ramses e il Mosé d'”Exodus” non fanno eccezione. Sull’inaccuratezza biblica si fa prima a dire che la squadra di sceneggiatori racconta tutt’altro ma i businessmen hollywoodiani hanno deciso d’occultarlo sfruttando la plurimillenaria tenuta del brand. “La narrazione scritturistica è così diversa che se non ne avessero riciclato i nomi forse non si sarebbe nemmeno riconosciuta.” Tanto per fare un paio d’esempi piccoli piccoli, Bale avrebbe dovuto avere 80 anni ed essere balbuziente, mentr’Edgerton sarebbe dovuto morire affogato nel Mar Rosso richiusosi. Eppure il film non è solo piattume e pattume faraonici (su RT appena 28%). Se riesce a trasmettere l’idea d’un Dio ebraico-cristiano coi suoi portavoce/messaggeri/rapprentanti/profeti crudelmente folle, barbaro e sanguinario al punto da indurre a tifare per gl’Egizi, allora l’obiettivo primario è stato raggiunto: quello d’essere stati fedeli al nucleo più vero, profondo e sconvolgente della Bibbia.

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