Diaz – Don’t clean up this blood: la recensione di Scully

Diaz – Don’t clean up this blood: la recensione di Scully

Una bottiglia rotta si ricompone in un silenzioso e ovattato ralenty che ci accompagna fino al movimento plastico del lancio … poi siamo nel caos. Siamo negli scontri. Siamo a Genova. Siamo in Diaz. È il 20 luglio del 2001,il G8 è appena iniziato,Carlo Giuliani è stato ucciso durante gli scontri e Luca (Elio Germano), un giovane giornalista della Gazzetta di Bologna, decide di recarsi a Genova per vedere cosa sta realmente accadendo. Passerà la notte nella scuola Diaz, sede del media Center del Genoa Social Forum e adibita per l’occasione a dormitorio. Proprio qui il suo destino si incrocerà con quello di Alma, (Jennifer Ulrich) un’anarchica tedesca,che insieme a Marco (Davide Iacopini),organizzatore del Genoa Social Forum,è alla ricerca dei dispersi;con quello del manager Nick (Fabrizio Rongione), con l’anziano militante della CGIL Anselmo (Renato Scarpa),con i giovani Bea e Ralf e con il vicequestore aggiunto Max (Claudio Santamaria).
Il 21 luglio a mezzanotte più di trecento poliziotti fanno irruzione nella scuola,nove minuti dopo ci sono 87 feriti e 93 arrestati che vengono mandati al carcere di Bolzaneto dove l’incubo delle umiliazioni e della violenza psicologica ha inizio.
Diaz ripercorre le ore precedenti questa “macelleria messicana”: le manifestazioni,i disordini,le provocazioni,le storie delle persone che li hanno vissuti,sia come manifestanti sia come poliziotti. Vicari li mostra dai vari punti di vista e prospettive, li ripercorre con diverse angolazioni narrative scandite dalla bottiglietta, segno della fragilità degli eventi,diventata una sorta di orologio, che permette l’andare e il venire lungo le ore che precedono e seguono il blitz alla Diaz,gettando così lo spettatore all’interno dei fatti accaduti. Fatti tratti dagli atti processuali e dalle sentenze della Corte d’appello di Genova del 5/3/2010 e del 19/5/2010, dalle storie vissute narrate allo stesso Vicari da alcune persone coinvolte nei sanguinosi fatti della Diaz e delle umiliazioni subite alla caserma-prigione di Bolzaneto. Diaz non è finzione,è realtà,è un grido disperato di giustizia,un bisogno di mostrare e far conoscere a tutti cosa è accaduto a Genova quando un virus di incredibile crudeltà e violenza ha colpito proprio chi dovrebbe proteggerci e ha reso quasi centinaia di persone vittime di una bruta e inaccettabile violazione dei più elementari diritti della persona umana. Attraverso le sue immagini Vicari travolge e colpisce lo spettatore, lo porta a vedere,a riflettere,a voler urlare il bisogno di verità e giustizia. “Don’t clean up this blood”,scritta su un foglio da una giovane ragazza il giorno dopo il massacro,è il simbolo di Diaz,della sua voglia di informare,di ricordare,di cercare risposte affinché tutto il sangue versato non venga dimenticato.

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