Basata sul romanzo best-seller di Taylor Jenkins Reid, la limited series Daisy Jones & The Six è un musical-drama che narra l’ascesa e la precipitosa caduta di una famosa rock band. Nel 1977, i Daisy Jones & The Six sono sul tetto del mondo. Guidata da due cantanti carismatici – Daisy Jones (Riley Keough) e Billy Dunne (Sam Claflin) – la band è uscita dall’anonimato e ha avuto un grandissimo successo, ma in seguito a un concerto sold out al Soldier Field di Chicago, sparisce. Ora, a distanza di decenni, i componenti della band hanno finalmente deciso di raccontare la verità, e la storia di come un gruppo iconico è imploso all’apice del successo.
Daisy Jones & the Six, serie mockumentary in dieci puntate di Prime Video prodotta da Reese Whiterspoon (disponibile sulla piattaforma dal 3 marzo, con nuovi episodi in arrivo a cadenza settimanale ogni venerdì fino al 24 del mese), narra questa storia appoggiandosi senza nerbo né fiammate ai crismi più logori e abusati del falso documentario, lasciandosene cannibalizzare: interviste frontali dei membri che intervengono dal presente, ricostruzioni tanto minuziose quanto annacquate, dialoghi stantii e stucchevoli che si limitano a fare i riccioli alle atmosfere del rock anni ’70, senza mai scalfirne né la ricchezza magmatica e fermandosi alla mera superficie.
Adattamento di un’opera letteraria che guardava al vero scioglimento dei Fleetwood Mac, lavorando su una band mai esistita ma mettendo dentro di essa tanti pezzi delle parabole di tante altre band reali, la serie, vista nella sua interezza, si configura come poco più che uno sterile e ingrigito calco di un immaginario, in cui i tantissimi flashback non sono mai squarci su assoli di dolore e ispirazione ma soltanto le ennesime, pretestuose zavorre pseudo-tormentate di un racconto già di suo abborracciato.
Dovrebbe parlare di talento, Daisy Jones & the Six, ma a un certo punto il suo principale intento sembrare instradare il triangolo amoroso tra Camilla, Billy e Daisy e insistere blandamente su quello, al quale tra l’altro accorda tantissimo spazio e minutaggio, andandosi a impantanare in un manualetto da rotocalco rock. I protagonisti Riley Keogh e Sam Claflin inseguono senza nemmeno crederci troppo una chimica mai pervenuta, e praticamente si salvano solo le jam session musicali (anche grazie alla bellissima voce di Keough, nipote di Elvis Presley e figlia di Lisa Marie, scomparsa lo scorso gennaio), con gli attori chiamati a cantare in prima persona.
Un elemento che sporca la serie di realismo stropicciato e che è sicuramente il modo migliore per filmare la musica in chiave verista (gli interpreti hanno dovuto imparare a suonare uno strumento e a cantare, approfittando anche della gestazione prolungata della serie causata dalla pandemia), ma che al contempo avrebbe meritato sicuramente miglior sorte, specie considerando la colonna sonora di buon livello, scritta appositamente per lo show.
Foto: Half a Person, Circle of Confusion, Big Indie Pictures, Hello Sunshine, Amazon Studios
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