“Cenerentola” di Kenneth Branagh: c’era una volta e c’è ancora
C’era una volta un regista di nome Kenneth Branagh che, con l’ausilio della Disney “madrina”, mise in piedi un live action della celebre ed intramontabile fiaba di Cenerentola, riuscendo così a far rivivere magicamente il bambino che risiede dentro ognuno di noi.
Basta dire Disney che la magia è già a metà dell’opera, se a questa poi, si affianca un regista e attore d’esperienza come Kenneth Branagh (Molto rumore per nulla, Frankenstein di Mary Shelley, Sleuth – Gli insospettabili, Thor) la magia prende anche forma, dimensione e colore e riesce a trasformare in realtà i sogni dei bambini e degli adulti, che sono stati bambini prima di loro.
Stiamo parlando di una “realtà” che seppur derivi da una delle fiabe più classiche, non si svilisce, non si opacizza e non si deforma, perché a sostenerla c’è la straordinaria potenza del cinema.
Ed ecco quindi che la Cenerentola “occidentale” di Charles Perrault, quella dei Fratelli Grimm e quella animata di mamma Disney degli anni ’50 (di cui siamo tutti figli), si mescolano, si confondono e si plasmano arricchendosi a vicenda per riassestarsi in qualcosa di reale e allo stesso tempo onirico a cui difficilmente riusciamo a non credere.
In un batter di ciglia, Cate Blanchett sveste i panni angelici di Galadriel e veste quelli eccentrici e magnificamente dispotici di Lady Tremaine, vendicando con autentica cattiveria la (così poco) Maleficient, Angelina Jolie. Helena Bonham Carter, la donna più “dark” della patinata Hollywood si trasforma nella Fata Madrina e assume le sembianze di una Barbie Gran Galà vestita d’argento e armata di bacchetta, lontana anni luce dalla dolce vecchietta incappucciata della versione animata, ma egualmente stralunata e maldestra. Richard Madden abbandona il volto serio di Rob Stark e si tramuta in un impeccabile principe che di azzurro non ha solo i modi, ma anche occhi e divisa, e infine Lily James che, nonostante i pochi ruoli all’attivo, diviene una perfetta Cenerentola bionda, pacata e soprattutto “coraggiosa e gentile” per l’esperimento di Branagh.
Un esperimento cinematografico tra i più riusciti dell’era delle rivisitazioni dei grandi classici animati, probabilmente perché al contempo fedele ed innovativa.
La Cenerentola di Branagh, infatti, non è solo gentile e coraggiosa, è anche una che ha il talento di riuscire a guardare una realtà alternativa a quella che le si presenta, non è una disincantata sognatrice che agogna il principe azzurro, lei è una che il principe azzurro lo incontra, per caso e pensa persino che sia un semplice “apprendista”.
A differenza della versione animata, dunque, il gran ballo a corte è solo un pretesto per ritrovarsi, conoscersi, innamorarsi e soprattutto accettarsi per quello che si è realmente.
Non è facile, per Cenerentola, incalzare la scarpetta di cristallo e rivelare la sua vera identità, così come non lo è per “l’apprendista regnante” Kit.
Entrambi nutrono il timore di essere troppo o troppo poco l’uno per l’altra, ma soltanto andando contro ogni sopruso e ogni legge dinastica, scopriranno che alla fin fine, la vera favola non sta nell’essere principi e principesse, ma “nell’essere pronti a qualsiasi cosa, e a qualsiasi dove, purchè si stia insieme” … parola di Principe Azzurro.
D’altro canto, c’è da dire che non tutte siamo “Cenerentole” così fortunate, e che non sempre sforzarsi di guardare il mondo “per come potrebbe essere e non per come è” premia, ma nessuno è perfetto, men che mai la “realtà”; difatti anche nel live action di Branagh, a differenza della versione animata, Gas Gas e gli altri topini non cantano e questo, forse, ci riporta un po’ con i piedi per terra.
Rassegniamoci dunque, e cerchiamo di allontanare ogni scetticismo. Approfittiamo di questa ennesima boccata di infanzia che ci regala la Disney, consentiamoci di sognare ancora e di risvegliare ogni tanto il nostro fanciullino interiore, senza mai dimenticare di essere gentili, coraggiosi e soprattutto un po’ “Fate Madrine” di noi stessi.
Recensione di Marcella Cerciello
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