Captain America: Civil War

Captain America: Civil War

Sono anni, ormai, che Hollywood regala film a base di supereroi. E sono anni che non smettiamo di cercare qualcosa in questo tipo di intrattenimento, che si tratti di introspezione di personaggi, di profondità narrativa, o di originalità. Ma il continuo concentrarsi su ciò che manca, spesso distoglie l’attenzione da ciò che già c’è. Captain America: Civil War è il frutto di tutto quanto creato dall’Universo Cinematografico Marvel dal 2008, quando Iron Man apriva le Fasi. Riunisce quasi tutti i personaggi storici (assenti Thor, tornato ad Asgard, e Hulk, in auto-esilio) e ne presenta di nuovi, che già da soli sono il primo segno di rinnovamento di un percorso che – a differenza di quanto pensano in molti – non si è mai costruito con lo stampino.

Merito (anche) dei fratelli Russo e degli sceneggiatori Christopher Markus e Stephen McFeely, che con The Winter Soldier avevano iniettato nelle mura della Casa delle idee toni da thriller spionistico inediti e ora, con il conflitto che spacca gli Avengers, esplorano temi quali la vendetta, il senso di colpa, le conseguenze delle proprie scelte e gli effetti di un grande potere sulla sicurezza pubblica. Concetti al centro anche di Batman v Superman: Dawn of Justice e infatti per un attimo la mente corre al film di Zack Snyder, tendendo al confronto. Ma il paragone, perdonateci, non sussiste: sono due mondi troppo distanti sia per registro sia per background per poter essere messi uno di fianco all’altro. Piuttosto, meglio restare nel sistema Marvel e sottolineare come Civil War riesca a trovare quell’equilibrio che Joss Whedon aveva perso in Avengers: Age of Ultron, per esempio. Un equilibrio che dona ordine sia alle caratterizzazioni dei singoli personaggi sia ai momenti di puro spettacolo. Ogni scena d’azione è frenetica e limpida, mai caotica. Non c’è inseguimento o scontro fisico che non intrattenga e da cui non emergano caratteristiche di uno dei protagonisti, a cui si aggiungono Black Panther, Helmut Zemo Spider-Man: il principe wakandiano di Chadwick Boseman si fa notare per un costume fighissimo e un temperamento vendicativo sconosciuto a molti dei suoi colleghi (che verrà approfondito nel film stand-alone del 2018), il personaggio di Daniel Brhül è un villain paziente che manipola nell’ombra, ma è l’Uomo ragno di Tom Holland a rubare la scena, recuperando l’anima teen e ironica che si era un po’ incupita nella versione di Andrew Garfield. Un miglior biglietto da visita per il reboot, a questo punto attesissimo, Sony non avrebbe potuto desiderarlo.

La linearità di scrittura sorprende per il gran numero di volti e (super)corpi coinvolti. Smarrirsi era più facile che restare in carreggiata, eppure – a dispetto di una durata eccessiva, vicina alle 2 ore e mezza – il film ha tutto al posto giusto. Non porta nessuna rivoluzione, non avrà il lato romantico della “prima volta” di Avengers, ma Captain America: Civil War eleva al punto più alto la continuità narrativa degli Studio di Kevin Feige. L’abilità sta tutta nella gestione del dualismo Chris Evans/Robert Downey Jr., sviluppato alternando ironia e dramma e con un’elasticità tale da mettere sempre in discussione le due parti. Ciò che divide Tony Stark e Steve Rogers – che svelano più di una sfaccettatura – va ben al di là della semplice firma degli accordi di Sokovia: alla base vi sono legami d’amicizia quasi fraterni da proteggere e linee di pensiero opposte, figlie di un dilemma morale che da sempre tormenta la figura del supereroe. Schierarsi non è semplice, anche dopo la fine dei titoli di coda. Il tanto agognato spessore emotivo, dunque, c’è. Marvel non l’ha mai trascurato, semplicemente lo ha gestito in base alle occasioni, mascherandolo (a volte anche troppo, è vero) con la leggerezza che ne contraddistingue le produzioni e con quei meccanismi da blockbuster di cui non può fare a meno.

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Mi piace:
L’equilibrio narrativo, un conflitto emotivo mai così centrale in un film Marvel e il nuovo Spider-Man.

Non mi piace:
L’azione non stordisce, ma 2 ore e mezza di durata non sono mai semplici da digerire.

Consigliato a chi:
È curioso di scoprire fin dove possano spingersi le capacità di intrattenimento della Casa delle idee.

Voto: 4/5

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