“Qual è la più bella tra le trame?”. La vecchia matrigna Hollywood si interroga guardandosi allo specchio. Vede una fabbrica piena di bellezza effimera, pura estetica, gradevole nella forma ma spesso arida nei contenuti. Che fare? Forse rubare il cuore di altre storie, cibarsi del sangue di racconti già consolidati e amati dal pubblico-reame.
Potrebbe essere questa la morale di Biancaneve e il Cacciatore, ennesima trasposizione della strapazzata favola Grimm. Rilettura in chiave dark fantasy in cui la regina Ravenna avrebbe meritato spazio nel titolo forse più di Biancaneve stessa. L’interpretazione della Theron arricchisce il personaggio di un vissuto traumatico che ne spiega (ma non ne giustifica) l’isteria e la dipendenza. È una questione di classi, di generi, un pregiudizio nato da bambina: gli uomini sfruttano le donne per il loro aspetto; una volta invecchiate vengono trattate come mele marce.
In questo delirio di (im)potenza Biancaneve le si oppone perfettamente. Spirito puro, animo immacolato, rappresentazione del bene inconsapevole e spontaneo. Chiude il trio, un cacciatore iracondo dal cuore nobile, caduto in disgrazia dopo la morte della moglie di cui si sente colpevole.
I caratteri dei personaggi vengono messi in campo, ma delineati a metà e sviluppati banalmente. Biancaneve e il Cacciatore non è un brutto film, ma come la sua protagonista, pecca di convinzione, non rischia, rimane piuttosto passivo nel guardare che l’azione proceda senza intervenire con il carisma necessario.
I personaggi che si aggirano attorno a lei rendono il film godibile (gli autoironici nani “svettano” su tutti) grazie anche ad una fotografia e ad un’ambientazione coinvolgente. Ma a questa Biancaneve manca la portata epica del racconto di formazione. Più che pallida, questa principessa è incolore.
A questo film manca il coraggio di trovare un percorso rappresentativo proprio. Qui tutto ha il retrogusto del già visto. Colate di latte e di oro simili a spot già noti a Charlize, sangue e mele che richiamano il lessico di Twilight, asce impugnate come martelli dal Thor che fu, inseguimenti tra i boschi cari al Signore degli Anelli, creauture oscure trovate in Harry Potter e mitologiche (il cervo sacro come Aslan) viste ne Le cronache di Narnia.
E allora qual è la più bella tra le trame? Non questa. A volte cercando di prendere il meglio dagli altri si perde il proprio percorso e si diventa banali. Quasi accidiosi. È questo è un peccato per la vecchia signora Hollywood che troppo spesso si specchia dentro altre storie e la cui morale è, infine, “vivere felici e contanti”.
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