Argo: la recensione di luca ceccotti

Argo: la recensione di luca ceccotti

L’avreste mai detto? Ben Affleck regista, e già di tre film!
Lui, l’attore che per motivi a noi sconosciuti ha sempre scelto copioni che lo hanno portato ad essere un talento poco sfruttato. Ben, “quello” che principalmente viene ricordato per il fracassone Pearl Harbor e per il suo sex appeal. Insomma, si potrebbe descrivere passo per passo la carriera non proprio rose e fiori del buon Affleck, magari non essendo nemmeno dolci nel farlo, ma in realtà, ormai, quella strada buia che aveva intrapreso attraverso pellicole scadenti e scelte del tutto discutibili è inondata da una luce candida ed abbagliante. Da un nuovo credo, quello registico.
Così, dopo il buon Gone Baby Gone e l’ottimo The Town, Affleck torna dietro (ma anche davanti) la macchina da presa per dirigere questa volta un film eccellente, Argo, o anche il film della sua vera consacrazione registica, perché se la prima pellicola era buona, la seconda ottima e la terza eccellente, allora il talento che ha è grandissimo, ed il suo merito è di avercelo finalmente mostrato.

La storia, basata su fatti realmente accaduti, è una miscela perfetta di commedia e dramma, coesi in modo eccellente da una sceneggiatura semplice, diretta ma dannatamente efficace.
Ci troviamo nel 1979, anno della rivoluzione Iraniana, e degli studenti, durante i moti di rivolta, decidono di occupare l’ambasciata americana a Teheran, prendendo in ostaggio cinquantadue cittadini americani. In realtà, sei americani riescono a fuggire e a rifuggiarsi presso l’ambasciatore canadese. A questo punto deve intervenire il governo U.S.A, che saggiamente decide di non parlare di queste sei persone, dato che potrebbero essere un facile bersaglio in Iran, non protetti e durante un periodo di controlli pressanti.
Dieci settimane dopo sorge il problema di come tirarli fuori da Teheran. Come? ARGO! Il resto è da vedere tutto d’un fiato, perché, pur essendo fatti reali e conosciuti, la tensione è alle stelle.

Con questa pellicola Ben Affleck da uno scossone alla sua neo carriera registica, dirigendo in modo quasi impeccabile, senza cedere ad eccessivi colpi di stile o rendendolo troppo sui generis. La buonissima parte tecnica, composta ma montaggio, fotografia e missaggio del suono, danno un aiuto importante al film, rendendolo uno dei migliori dell’anno. Ma il merito più grande di tutti va all’ottimo cast di attori ingaggiati dal regista (anche protagonista), primo fra tutti un’eccezionale Alan Arkin nel ruolo di un produttore Hollywoodiano, coniatore di quello che potrebbe definirsi il motto del film “ARGOfuckyourself”. Il ruolo sembra essere stato cucito alla perfezione per Arkin: uomo solo, anziano, abbandonato da tutti e dedito solo al lavoro, quando la
Vita Hoolywoodiana gli ha dato e allo stesso tempo tolto tutto. Forse è per questo che accetta il folle piano di estrazione dell’agente della C.I.A Tony Mendez (Affleck). Ma, serve un’aggancio nel mondo dello spettacolo per arrivare a produrre un film, e volete che “la più grade spiona del mondo” non abbia un aggancio? Certo che ce l’ha, ed è un truccatore da premio Oscar, John Chambers, interpretato da un’identico (al vero Chambers) e bravissimo John Goodman. Da menzionare anche il ruolo più “attivo” che ha avuto rispetto ad altri film da lui interpretati il bravissimo Bryan Cranston, qui nella parte del capo sezione di Mendez. Vedere Cranston meno in determinati film scadenti e più in pellicole autoriali o con ruoli importanti, potrebbe condurre l’attore premio Emmy per Breaking Bad verso una carriera cinematografica di tutto rispetto. Staremo a vedere.

In conclusione, Argo è la pellicola che molti stavano aspettando, esemplare sotto molti punti di vista, in primis la regia dell’ancora “cadetto” Affleck.
Argo insegna che si può raccontare una storia vera e drammatica con semplicità e capacità. Argo potrebbe definirsi come catarsi del metateatro cinematografico: un film nel film, che insegna e allo stesso tempo impara qualcosa. Cosa? Come fare un’ottima pellicola.

Voto : 9/10

Luca Ceccotti

© RIPRODUZIONE RISERVATA
shortcode