È stato presentato oggi alla 41 edizione del TFF (nella sezione Ritratti e paesaggi | Fuori concorso) il film documentario ADESSO VINCO IO – Marcello Lippi diretto da Simone Herbert Paragnani e Paolo Geremei, sulla leggenda del calcio Marcello Lippi.
Il film documentario racconta chi è davvero Marcello Lippi, l’uomo dietro al sigaro, capace di portare l’Italia a vincere il Campionato del Mondo di Calcio nel 2006, oltre ad essere il simbolo della Juventus più vincente di sempre.
Sotto la cenere di un giocatore di Serie A che passa la sua carriera a diventare capitano e bandiera di una squadra che non alzerà neanche un trofeo, cova il desiderio di rivincita, di affermazione prepotente di sé, una nemesi dei valori fin lì propugnati, diventando da allenatore una straordinaria e inarrestabile macchina da guerra, capace di riempire la bacheca personale di ogni successo possibile, in Europa come in Asia, dove ha allenato il Guangzhou Evergrande e la nazionale cinese, anche alla guida di squadre che tutti davano per perdenti (facile vincere in Italia, ma vai a vincere in Cina, dice nel doc Cannavaro.
Nelle lotte di regia del film, si legge come Marcello Lippi è stato decubertiano per la prima parte della sua vita professionale e un letale serial winner nella seconda che lo ha consegnato agli annali del calcio, esempio per maestri del calcio come Sir Alex Ferguson. Un uomo forse inconsapevolmente diviso a metà, ma che nonostante questo – o forse proprio grazie a questa sua natura, scissa su alcuni valori, ma inflessibile su altri – ha saputo unire i tifosi come nessuno mai prima.
Nel documentario lo si fa vedere anche da giovane, quand’era, data la sua tipologia di avvenenza fisica, “il Paul Newman dei poveri”. Instancabile fumatore di sigari, 75 anni di cui 56 in panchina, ma anche padre di Stefania, figlia che gli somiglia tantissimo e che lo definisce un padre “assente ma presente”, e Davide, figlio procuratore che Marcello ha sempre protetto, anche quando scelse di abbandonare la Nazionale italiana di calcio subito dopo la trionfale cavalcata del 2006.
Dopo la notte del 9 luglio, invece, Lippi, viareggino malinconico dai “solidi valori”, si ritira subito in camera, si accende un sigaro, mangia un pezzo di torta (lui stesso, nel bar pasticceria di famiglia, da piccolo era piccolissimo a fare le scritte sulle torte) e si rivede tutti la partita, raccontando nel documentario quella “goduria fantastica” che dice molto del suo stile schivo ma sanguigno. Il documentario, invece, è il classico prodotto di questo tipo, pieno di talking heads, convenzionale ma piacevole per chi volesse approfondire la figura umana e professionale del tecnico viareggino.
Tra le tante definizioni che vengono date di lui dai campioni che ha allenato, dal lancio in prima squadra della giovane promessa della primavera Cannavaro alle liti con Bobo Vieri, da segnalare quelle di Buffon (“Lippi è una mente vivace che riesce a uscire nel migliore dei modi da ogni situazione”) e, curiosamente, un altro portiere molto legato alla carriera di Lippi, Angelo Peruzzi, che dice: “Lui non pensava di vincere con la tattica ma coi giocatori”.
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