“Il degno seguito del Discorso del re”.
Momento, momento, MOMENTO.
Non fraintendiamoci, “A royal weekend” è un buon film. Piacevole, elegante; è leggero, ma offre spunti di riflessione.
Tuttavia “Il discorso del re” è di tutt’altra caratura. Sotto ogni punto di vista.
Nonostante un assolutamente apprezzabile Bill Murray, nei panni del presidente americano Franklin Roosevelt,è difficile dimenticare una terna come quella Firth-Rush-Boham Carter.
In particolar modo, il balbuziente re Giorgio VI di Samuel West non regge neanche lontanamente il confronto con quello del 2010 di Colin Firth(mi riferisco proprio all’interpretazione degli attori in toto, dal momento che ho visto entrambi i film in lingua originale).
Del resto io credo che ci voglia un certo coraggio nell’affrontare un personaggio che ha regalato un Oscar ad un collega così di recente. Rendiamone quindi merito a West.
Come dicevo, un film che offre spunti di riflessione. La storia si svolge (intuibilmente) nell’arco di un weekend, in cui i reali d’Inghilterra, in previsione dell’imminente guerra contro la Germania, fanno visita al presidente americano per ottenere l’appoggio degli Stati Uniti.
Non è semplicemente un incontro tra politici, è l’incontro tra un re e un presidente, tra l'”inamidata” Inghilterra e la “libertina” America. E’ l’incontro tra due mondi.
Esso porta alla nascita di una nuova alleanza, suggellata da un hot dog.
Il più grande merito del film è quello di affrontare un evento di tale portata, da un punto di vista non tanto politico, quanto umano (la migliore scena quella dell’incontro privato tra Roosevelt e re Giorgio).
Alla linea narrativa principale e ufficiale, si intrecciano, in maniera non contrastante, le vicende personali del presidente. Il suo districarsi tra le donne della sua vita: una madre molto presente, la moglie Eleanor (Olivia Williams), dal carattere forte, e le varie amanti, in maniera particolare la cugina Daisy (Laura Linney), che svolge anche il ruolo di voce narrante.
Sono comunque i due grandi uomini il fulcro di tutta la storia.
Volgendo un occhio sui protagonisti minori, particolarmente perplessa mi ha lasciata la figura della regina (olivia Colman) che, rispetto a quella del film di Tom Hooper, è completamente un’altra persona. Mentre questa era una donna solida, forte, volitiva, devota, nel film di Michell è noiosa, pedante, sempre pronta a scoraggiare il marito… Terribilmente pissera. Mi chiedo: come si può avere un’idea così opposta della stessa persona?
Un film carino, non imperdibile.
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