Ultimo film italiano in concorso, a Venezia 80 è arrivato il momento di Lubo: il regista Giorgio Diritti è sbarcato al Lido per presentare l’epopea del suo personaggio tragico interpretato da Franz Rogowski. Ambientato in Svizzera tra il 1939 e il 1959, racconta la storia di un nomade artista di strada che viene prima arruolato a forza e quindi si imbarca in un drammatico viaggio alla ricerca dei suoi figli, strappati alla famiglia.
Una vicenda, questa, raccontata inizialmente nel romanzo Il seminatore di Mario Cavatore: «Mi ha colpito perchè racconta una storia un po’ particolare, in un Paese che nell’immaginario comune è segno di democrazia e civiltà – ha raccontato Diritti -. Questa azione di educazione nei confronti dei bambini mi ha provocato qualcosa. A volte si dice che nasce l’urgenza di fare un film: era importante raccontare questa cosa. Questa storia è lo specchio delle persecuzioni e dell’incapacità dell’uomo di concepire e capire la diversità, che a mio avviso è un grande valore».
Fatti che, ha aggiunto, riguardano anche i giorni nostri: «Siamo vicini ad una guerra e anche pochi mesi fa si raccontava di bambini ucraini rapiti dai russi. Uno dei limiti dell’umanità è che, malgrado errori e sforzi, questi ritornano. La necessità di raccontare questa storia era legata al voler dare un segnale che io definisco politico ma non istituzionale, ma di sensibilizzazione, affinché le persone stiano attente nei confronti di tutti quegli elementi che portano a fare cose contro la vita».
Rispetto al romanzo, il regista di Lubo e del recente Volevo Nascondermi ha cambiato approccio. «Ho scelto di seguire un percorso differente, di stare molto di più sul protagonista. Mi sembrava interessante vivere con lui e trasferire a chi guardava il film la storia di un uomo che vive la sua normalità di artista di strada e a cui arriva addosso qualcosa di più grande e negativo che gli cambia la vita». Per rendere partecipe il pubblico di questa grande storia, si è affidato ad un attore sempre più internazionale come Franz Rogowski – recentemente passato da Venezia anche per Freaks Out di Gabriele Mainetti.
In Lubo, interpreta uno jenish che vive diverse vite e con esse diverse lingue. Questa prova camaleontica l’ha preparata assieme a tutto il resto del team creativo: «Quello che si vede non è solo una mia decisione, non ho creato solo io quel personaggio. è una combinazione della nostra storia e della nostra identità in Europa. Ogni giorno si crea un piccolo pezzo di questa vita e alla fine diventa qualcosa che non è quello che volevi fare, ma è il risultato della vita che hai avuto con quel gruppo di artisti. Io ho studiato il testo, dovevo suonare due strumenti che non sapevo, tre lingue non mie, sapevo che questa storia è profonda e avevo un sacco da preparare in modo tecnico». Ha anche ironizzato su un aspetto in particolare: «Ho fatto anche giocoleria con 5 palline, non sapevo quante ne volesse Giorgio. Alla fine solo una!».
Sulla sua carriera internazionale, l’attore ha aggiunto: «Sto cercando delle sceneggiatura che mi interessano, voglio collaborare con artisti che mi interessano. Non sono decisioni coscienti: sono tedesco, è l’unica lingua che parlo e mi aiuta, le altre sono quasi un problema, ma per Lubo questo è stato anche grande potenziale. Lui come straniero e io come attore in una lingua che non parlo, mi ha dato tanta frizione ed energia».
Anche Giorgio Diritti ha voluto scherzare sul trattamento riservato al suo protagonista: «L’ho strapazzato e l’ho messo in condizioni complicate. Aveva necessità di parlare lingue diverse, ma magari gli facevo cambiare le battute. Si è preso uno zaino di fatica con grande professionalità».
A QUESTO LINK TUTTI GLI ARTICOLI E LE RECENSIONI DALLA MOSTRA DI VENEZIA
Foto: Getty Images
© RIPRODUZIONE RISERVATA