18 anni dopo Little Children, Todd Field è tornato. L’apprezzato attore e regista statunitense è sbarcato al lido di Venezia per presentare, in concorso alla 79° Mostra internazionale d’arte cinematografica, il film Tár.
Storia di una rinomata conduttrice d’orchestra magistralmente interpretata da Cate Blanchett, attrice molto più che centrale nel progetto. «Non è stato scritto con lei in mente, ma per lei» ha rivelato il regista in conferenza stampa. Dopo mesi passati a conoscerla e quindi a parlare del film, ecco quindi la storia di Lydia Tár, Maestro della musica in procinto di condurre l’ultima sinfonia di Mahler che le resta da fare.
Nonostante un incredibile talento (è una delle poche persone al mondo ad aver vinto un premio Emmy, Grammy, Oscar e Tony) l’impresa non è semplice e ben presto Tár si arricchisce di note thriller, persino horror per certi versi. Su questo punto, Field ha specificato: «C’è un elemento horror, dipende da come si guarda il film. Ma ogni volta che lo guardo ci vedo un film diverso». E ancora: «Per lei è un lungo viaggio in un breve periodo di tempo […]. La incontriamo così e ci sono forze esterne che agiscono, di cui abbiamo poca conoscenza. Succede qualcosa che le cambia la vita».
La grande protagonista del film, Cate Blanchett, concorda su questa lettura a tratti horror del film: «Lei è tormentata da qualcosa, dal passato, da qualcuno. È qualcuno che ha messo il passato in una scatola e col suo talento ha cercato di cambiare la sua vita, grazie alla musica. Ma è tormentata […] Quando si raggiunge la vetta del suo Monte Olimpo come artista, come essere umano capisce che l’unica via è verso il basso».
Tár è quindi l’occasione non solo per assistere ad un’altra grande performance dell’attrice, ma anche per rivedere all’azione la sensibilità artistica di un regista tanto apprezzato quanto poco prolifico. «Quando Todd Field lascia casa per fare un altro film è sempre un momento speciale – ha detto l’attrice, per poi aggiungere – Il suo segno distintivo è che tutti i personaggi sono molto umani, si viene invitati dentro una storia intima. Già dalla prima sillaba sapevo che sarebbe stato un personaggio complesso». Portarlo in scena, quindi, ha richiesto un processo che ha portato a continui cambiamenti ed evoluzioni: «Lydia Tár è una serie di contraddizioni, è molte cose. Se si guarda a tutto quello che ha fatto si vede una vita intera».
Tra le domande girate alla vincitrice di due Premi Oscar (The Aviator e Blue Jasmine), anche una sull’identità del suo personaggio, che intrattiene una storia d’amore omosessuale con la prima violinista interpretata da Nina Hoss: «Penso sia importante a livello sociale, ma sono consapevole dell’importanza della parola arte: non lo vedo come uno strumento educativo, le cose posso essere politicizzate e discusse, offendere o ispirare, ma sono fuori dal nostro controllo». La Blanchett ha poi aggiunto: «Stranamente non ho pensato al gender del personaggio o alla sua sessualità, per niente. È semplicemente lei. Siamo maturati abbastanza come specie per non doverci concentrare su questi aspetti del personaggio».
Oltre a quello con la compagna Sharon è fondamentale anche il rapporto tra la conduttrice d’orchestra e la sua assistente Francesca (Noémie Merlant). Una dinamica di potere interessante e molto intima, che mette bene in luce alcune fragilità del personaggio protagonista, per la sua interprete: «Ciò che è veramente importante in ogni rapporto è la fiducia – ha detto la Blanchett – Io e Todd abbiamo parlato molto del background del personaggio: penso che Lydia sia stata molto bullizzata, tradita e per lei fidarsi delle persone è un atto di fede, perdonare non è facile».
In Tár è centrale anche il tema del potere e delle possibilità di far carriera delle donne. Un discorso che si interlaccia facilmente con l’ambiente cinematografico: «Quando sono entrata in quest’industria, mio marito mi ha detto: “Divertiti, hai 5 anni se sei fortunata“. Era vero, per le donne. Molte persone hanno contribuito a cambiare questo scenario, hanno spostato i limiti e portato nuove opportunità».