In una recente intervista con Vogue, l’attrice Sharon Stone ha parlato per la prima volta nel dettaglio dell’evento che le ha cambiato la vita: l’infarto di cui ha sofferto nel 2001, a cui sono seguiti nove giorni di emorragia cerebrale che le sono quasi stati fatali (per i medici, l’aspettativa di sopravvivenza era dell’1%).
L’attrice ha raccontato la sua storia per testimoniare riguardo alle discriminazioni che le donne devono subire in campo medico. La sua condizione, infatti, è stata inizialmente sottovalutata dal personale medico, rischiando così un esito ben diverso: «Non hanno visto niente dalla prima angiografia e così hanno deciso che stavo facendo finta. Il mio migliore amico li ha convinti a farmi un altro esame […] Se mi avessero rimandata a casa, sarei morta».
«Ciò che ho imparato da questa esperienza – ha sentenziato l’attrice – è che in un contesto medico spesso e volentieri le donne non vengono ascoltate, soprattutto quando non è una dottoressa a seguirti».
Al tragico evento hanno fatto seguito una dolorosa convalescenza («ho sanguinato talmente tanto che mi è caduta la parte destra della faccia, il mio piede sinistro ha perso sensibilità e non riuscivo a parlare senza balbettare»), ma soprattutto le conseguenze pagate sul piano professionale. Sharon Stone afferma infatti di essere stata “abbandonata” da Hollywood, e di non aver ricevuto il sostegno di amici e colleghi dell’industria, fatta eccezione per pochissimi nomi, tra cui Steven Spielberg e Michael J. Fox.
«Ho dovuto nascondere la mia disabilità – ha confessato – perché non volevo che si sapesse in giro. Pensavo che le persone non mi avrebbero accettato. Ho perso tantissimo: la tutela di mio figlio, la mia carriera. Ho dovuto affrontare un divorzio e sono stata messa sotto torchio. Ho perso così tanto e avrei potuto lasciare che questo mi definisse. Ma a un certo punto devi alzarti in piedi e dire: “Okay, sono successe queste cose, ma adesso? Di che pasta sono fatta io?”».
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