Ricky Gervais è di nuovo al centro della polemica del web per via del suo ultimo show su Netflix, Armageddon. Non è di certo la prima volta che il comico si attira addosso le ire del pubblico con il suo black humor, ma questa volta sembra aver davvero passato il segno; tanto che è spuntata online una petizione per rimuovere il contenuto dalla piattaforma streaming.
Nello speciale è infatti presente una “battuta” che il pubblico ha giudicato davvero eccessiva, riferita ai bambini malati di cancro che partecipano all’iniziativa benefica di Make a Wish. Quest’ultima è una fondazione che si occupa di realizzare gli ultimi desideri dei bimbi in condizioni terminali, coinvolgendo spesso attori o personalità famose in visite in ospedale o telefonate con i pazienti.
Nel video, Ricky Gervais chiama “pelati” i bambini che partecipano all’iniziativa, sostenendo inoltre che siano davvero “rit****ti se non esprimono il desiderio di guarire dalla malattia”.
Come spesso accade con i suoi sketch poco “politically correct”, il pubblico si è completamente spaccato: da una parte chi apprezza il black humor per cui l’attore è diventato noto, dall’altra chi pensa che stavolta abbia passato il segno, come i creatori della petizione rivolta a Netflix, che chiede la cancellazione del contenuto in quanto “irrispettoso”, “senza cuore” e “realizzato a scapito della sofferenza altrui”.
Sui social si è espressa anche l’associazione di beneficenza Scope, che ha sottolineato il linguaggio abilista dell’attore: «Le parole hanno conseguenze. Quello spettacolo è reale. Netflix è reale. E le persone su cui quelle parole avranno un impatto sono reali. Scherzare usando questo tipo di linguaggio lo banalizza, e normalizza l’abuso che molte persone disabili devono affrontare ogni giorno». Da allora, però, il gruppo ha dovuto chiudere i commenti al post, letteralmente invaso dai fan di Ricky Gervais che hanno parlato di “polizia della comicità”, affermando che non dovrebbe essere un’associazione come quella a stabilire su quali argomenti si possa scherzare e su quali no.
«Non siamo qui per sindacare su ciò che le persone dovrebbero o non dovrebbero trovare divertente – è stata la risposta dell’associazione -. Ma non possiamo neanche pretendere che la comicità non abbia conseguenze».
Fonte: LadBible, The Independent
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