Raymond & Ray: mio fratello è figlio unico. La recensione del film con Ewan McGregor ed Ethan Hawke

Il film di Rodrigo García racconta la storia di due fratellastri cresciuti all'ombra di un padre terribile, ma senza perdere il senso dell'umorismo. Il funerale del genitore sarà la loro occasione per reinventarsi: ci saranno rabbia, dolore, follia, e forse amore. Su Apple TV+ dal 21 ottobre dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma

Raymond & Ray: mio fratello è figlio unico. La recensione del film con Ewan McGregor ed Ethan Hawke

Il film di Rodrigo García racconta la storia di due fratellastri cresciuti all'ombra di un padre terribile, ma senza perdere il senso dell'umorismo. Il funerale del genitore sarà la loro occasione per reinventarsi: ci saranno rabbia, dolore, follia, e forse amore. Su Apple TV+ dal 21 ottobre dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma

Raymond & Ray
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PANORAMICA
Regia (3)
Sceneggiatura (3)
Interpretazioni (3.5)
Fotografia (2.5)
Montaggio (2.5)
Colonna sonora (2)

Due fratellastri, uniti da un padre con cui avevano un rapporto quanto meno contrastato, si trovano al suo funerale cui devono partecipare entrambi: sono Raymond (Ewan McGregor) e Ray (Ethan Hawke), che in realtà, com’è facile immaginare, si chiama anche lui Raymond. Il padre si era rivelato un pessimo genitore, li aveva chiamati nello stesso modo e si divertiva perlopiù a confonderli, tanto che la madre aveva pensato bene di ribattezzare uno dei due. 

Il regista-sceneggiatore colombiano Rodrigo García, figlio di Gabriel García Márquez, che ha esordito come regista nel 2000 con Le cose che so di lei (premio Un Certain Regard a Cannes), e ha spesso collaborato con Alfonso Cuarón (che di Raymond & Ray è uno dei produttori) e Guillermo del Toro, cuce intorno a due interpreti notevoli ed emblematici della loro generazione un family drama che agisce di sfumature e non detti, prendendo in controtempo la tragedia luttuosa tra consanguinei con un atteggiamento di distesa e cupa ironia.

C’è infatti tanto smozzicato black humour, in Raymond & Ray, ma è abilmente calato nelle pieghe di una messa in scena volutamente grigia e opaca, che procede con un andamento altrettanto spoglio e dimesso. Si tratta, allo stesso tempo, di uno di quei film in cui è una singola circostanza a mutare radicalmente equilibri e prospettive in campo, tanto che il mite e bonario Raymond e il più tormentato e scavato Ray, musicista con la passione viscerale per la musica jazz e passato da eroinomane, finiranno forse con lo sfibrare vicendevolmente e dolcemente i contorni delle proprie personalità sulla carta e in partenza granitiche, aderendo in un impeto di paradossale affetto filiale e profetico alla maniera singolare e alienata con la quale il padre era solito maneggiarli finché era stato in vita.  

È naturalmente anche un film di prospettive sovvertite, Raymond & Ray, perché questo suo meccanismo ben oliato lo estende anche a tutti gli incontri – collaterali, ma tuttaltro che trascurabili – che la coppia di fratelli fa nei due giorni in cui si ritrova al capezzale del padre, figli, amanti e nuova donna delluomo compresi: tutti personaggi scanditi da una sceneggiatura schematica ma non avara di spunti filosofici e oblique posizioni esistenziali, snocciolate con apparente e trasandata noncuranza. Impareranno entrambi, ma soprattutto Raymond, a vedere quel padre tanto fallimentare quanto ingombrante sotto una luce diversa e più umana, sospinti verso un fisiologico relativismo nella gestione del mondo e degli affetti, in base al quale nulla impedisce che un pessimo padre e marito possa rivelarsi, in delle mutate contingenze e fasi della vita, se non buon papà quantomeno un buon compagno, e addirittura un uomo generoso e piacevole.

Raymond & Ray, senza strepitare e senza picchi di scrittura, recitazione e regia di nessun tipo, si configura così innanzitutto come un film sulla nostra soglia dellempatia e del perdono, sulla dose di meschinità che siamo disposti ad assorbire come un veleno e poi eventualmente a metabolizzare; ma anche sullelaborazione di una fraternità che coincide, molto spesso, col guardarsi allo specchio, vedendo la propria stessa immagine riflessa ma mettendo a fuoco innanzitutto i nodi irrisolti più faticosi e le mancanze e i vuoti più intollerabili di chi (non) ci è stato accanto. 

Foto: Apple Studios; Mockingbird Pictures, Esperanto Filmoj

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