Quando hai 15 anni e sei nato in Puglia, le domeniche non esistono. La domenica mattina ti svegli(ano) prima dell’alba, bestemmi in silenzio, ti alzi, ti vesti a strati e parti, in direzione ulivi, perché bisogna raccogliere le olive, cosa che tu non sai assolutamente fare e quindi subisci reprimende, invettive e derisione, mentre stendi i panni sotto gli alberi e cerchi di proteggerti dai proiettili che cascano dagli alberi. E le bestemmie salgono di volume. A 20, dopo il liceo, era ancora obbligatoria la leva militare e mentre, piuttosto che imbracciare un’arma, imbracciavo i cateteri per gli anziani e le coperte per le prostitute da strada aiutate dall’associazione in cui “sostituivo”, lavoravo in un grande centro commerciale, mettevo a posto gli yogurt tutti i giorni, nelle corsie del fresco prima che aprisse. Anche allora la sveglia era prima dell’alba, anche allora il volume delle bestemmie, nella cella-frigo-deposito, era altissimo. La doppia premessa serve a rispondere a chi, a fine lettura, mi dirà: «Vai a fare un lavoro vero, prima di parlare!!!». Ecco, so di cosa parlo, so perché ne parlo e so come voglio parlarne, del mio lavoro: pragmaticamente.
Cosa vuol dire fare il mio mestiere, in Italia, oggi? (Sì sì, ho proprio scritto “mestiere”). Giancarlo Giannini, il mio grande maestro, diceva sempre: «Se non dai tu per primo dignità al tuo lavoro, come puoi pensare che lo faranno gli altri?». Ecco, quella roba che facciamo noi, che in inglese si dice to play e in francese jouer, è un lavoro come un altro. Bello, bellissimo, eh? Ma è un lavoro. E devi rispettarlo tu per primo, se vuoi che lo facciano gli altri. Un regista sta per fare un film, pensa a te per un ruolo. A quel punto magari ti chiama e te lo propone. Altrimenti può succedere che una figura mitologica chiamata “Direttore di casting” parli col regista e dica: «Sai che per questo ruolo ci starebbe bene Nocella?». Il regista sbuffa, perché Nocella è notoriamente uno stronzo, ma lo incontra e lo provina. E magari alla fine lo prende. A quel punto l’agente dell’attore e la produzione trovano un punto di incontro economico, spesso «troppo poco soddisfacente» a detta di tutte e due le parti, e l’attore inizia a studiare la sceneggiatura: un centinaio di pagine in cui ci sono tutti i dialoghi e le descrizioni del film divise in scene.
E lì cominciano i dubbi, le incertezze, le domande, i mille messaggi dell’attore al regista, che nel frattempo sta litigando con la produzione perché vogliono tagliargli la scena della festa per problemi di budget e quindi tutto vuole fuorché altre rotture di palle. Avete mai visto una scena di festa in un film italiano? Eh, problemi di budget. Qualche settimana prima dell’inizio delle riprese, il costumista ti chiama e si fissa una “prova costume” in cui passi un pomeriggio intero a provare i vestiti che il tuo personaggio indosserà durante il film. Di solito ci vogliono ore, immaginate quanti cambi d’abito può passare un ruolo in un film, e giustamente il costumista ne vuole provare molti, prima di trovare quello giusto e proporlo al regista. In realtà la maggior parte delle volte io ci metto pochissimo: si tratta delle uniche cose che hanno trovato della mia taglia! A ridosso delle riprese ci si incontra con tutto il cast, per leggere il copione, conoscersi e parlarne. Tra tutte, è la cosa che odio di più: stare seduti attorno a un tavolo a leggere scene da girare la settimana dopo, ma in altre situazioni; piuttosto mangiamo! I dubbi aumentano, le preoccupazioni anche.
Le domande sono sempre più specifiche, mentre il regista capisce come sostituire la scena della festa. Nel frattempo telefoni al tuo agente ogni due ore chiedendo se tutto e a posto, e di solito la risposta è: «Assolutamente no. Ma non preoccuparti». E ti preoccupi: stai lavorando al film da settimane, non hai ancora visto un euro, sei pieno di dubbi, non ti ritrovi nei costumi che ti hanno trovato, non ti sta simpaticissimo quell’altro attore del cast e sei pieno di ansie. In tutto questo, la data di inizio riprese si avvicina inesorabile. E crescono le aspettative, perché anche se molto meno rispetto ai colleghi di qualche anno fa, ti pagano per fare questa cosa che in molti farebbero gratis. E che per te, invece, è lavoro. E allora devi dimostrare che vale la pena pagarti, che sei un professionista, e moltiplichi la fatica e l’attenzione. Poi il film comincia e parte la giostra. Ma di questo, ne parliamo il mese prossimo.
Brano ascoltato in loop mentre scrivevo: Verdura – Pinguini Tattici Nucleari
Foto: © Courtesy of Nicola Nocella (1), © Bunker Lab/MiBac (1)
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