Sono passati quasi cinquantadue anni da quando Duel, un apparentemente anonimo film per la televisione, andò in onda all’interno del contenitore settimanale ABC Movie of the week.
Basato su un racconto non particolarmente brillante di quel genio di Richard Matheson (che spesso criticò questa sua opera letteraria), Duel venne opzionato senza troppa convinzione dalla ABC (allora facente parte del gruppo Paramount) con l’intenzione di adattarlo in uno dei titoli televisivi settimanali prodotti dal network, opere realizzate “un tanto al chilo” per riempire un palinsesto affamato di produzioni originali.
La decisione del regista a cui affidarlo, invece, fu frutto dell’insistenza di una segretaria di produzione che segnalò un giovane professionista di cui si prendeva cura. Il nome di quella segretaria oggi è stato (purtroppo) dimenticato, il nome del giovane era Steven Spielberg. A quel punto della sua carriera, Spielberg era letteralmente un signor nessuno, destinato probabilmente a passare il resto della sua carriera nei confinati spazi del piccolo schermo. Sapeva scrivere e sapeva girare, questo lo aveva dimostrato in produzioni come Il tenente Colombo e in altre serie televisive ma, se lasciato senza controllo, sembrava avere la tendenza a “complicare” le lavorazioni, a perdersi in riprese troppo elaborate e a fare “troppo cinema” quando stava facendo, invece, televisione. Forse per questo, nel proporgli il contratto per Duel, la Paramount gli impose dei limiti draconiani: dieci giorni di riprese, quattrocentomila dollari di budget, settantaquattro minuti di durata complessiva. Spielberg non si fece spaventare e riuscì nell’impresa, rispettando tutte le limitazioni.
Terminate le riprese e montato il film assieme a Frank Morris, lo mostrò alla produzione, che ne restò molto colpita e decise di promuoverlo in maniera decisa prima della sua messa in onda. Duel ottenne un’ottima accoglienza e suscitò molto interesse, al punto che la Paramount decise di distribuirlo come film vero e proprio nei cinema europei e in alcune sale selezionate negli Usa. Per questo chiese a Spielberg di girare alcune sequenze aggiuntive che portarono a tredici il computo complessivo dei giorni di ripresa e a quattrocentocinquantamila i dollari spesi. Duel lanciò la carriera del regista di Cincinnati che, da quel momento in poi, non si fermò più. All’epoca Spielberg aveva ventiquattro anni.
Ma oggi, cosa resta di Duel? Grossomodo, tutto. Per quanto, nella percezione della gente, oggi il film ci appaia come largamente dimenticato rispetto ai titoli più famosi della filmografia del regista, la pellicola, grazie anche alla sua estrema essenzialità, non appare invecchiata di un giorno e, oggi come allora, non ha nulla di acerbo. Quando il giovane cineasta l’ha girata era già un autore pienamente formato, consapevole, capace e perfettamente in controllo del suo smisurato talento.
Non è un caso che Spielberg dica di riguardare il film almeno una volta l’anno, per ricordarsi di cosa aveva fatto e come. Duel, al di là dei suoi evidenti significati metaforici e simbolici (quelli che Matheson indica come i punti più deboli del suo lavoro), è un film che esalta le caratteristiche stesse del cinema, mettendo in scena una narrazione fatta di pochissime parole (peraltro non necessarie) e di tantissime immagini in movimento, contrapposte le une alle altre in un montaggio che riesce a coniugare la didascalica grammatica televisiva americana a quel “montaggio delle attrazioni” teorizzato (e splendidamente messo in pratica) da Sergej Michajlovic Ejzenštejn.
Duel è L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat dei fratelli Lumière portato alle sue estreme conseguenze. Una pellicola selvaggia ma perfettamente controllata, estrema ma digeribile per chiunque, di grande intrattenimento e di infinita profondità. Senza Duel, non avremo Lo squalo e Jurassic Park (lo squalo Bruce, il T-Rex e il mefistofelico tir sono parenti strettissimi, come si capisce bene dagli effetti sonori che li uniscono), ma nemmeno George Miller e la sua epopea di Mad Max o Christopher Nolan e gli Spitfire di Dunkirk.
Se doveste chiedere a me cos’è il cinema, vi direi che il cinema è Duel. E pensare che è stato girato per la televisione.
3 motivi definirlo un classico:
- perché rappresenta la “nascita” del più grande regista vivente
- per la forza iconica del suo protagonista (il camion, ovviamente)
- per la sua essenziale perfezione
© Universal Television
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