Naufragare è dolce in questa nostalgia

Naufragare è dolce in questa nostalgia

Sono tanti i fumetti che hanno raccontato la nostalgia del passato, ma è solo con Un’estate fa che impariamo a fare i conti con quella di ciò che deve ancora succedere La nostalgia, ha detto ultimamente Gipi, può essere un motore creativo. Ed è vero. Nei ricordi ritroviamo noi stessi e una visione del mondo che non ci appartiene più. Le cose sembrano diverse, e la loro diversità non è un problema: ma un valore. Indossiamo delle lenti speciali, e tutto ciò che osserviamo, all’improvviso, assume un’altra consistenza. Sfogliando vecchi fumetti, come La mia vita disegnata male (Coconino Press) o Dimentica il mio nome di Zerocalcare (Bao Publishing), o fumetti più recenti come Giorni felici di Zuzu (Coconino Press), il ruolo della nostalgia diventa ancora più evidente. Ma forse la storia che, in questo senso, è in grado di sfruttarla al meglio è Un’estate fa di Zidrou e Jordi Lafebre (Bao Publishing). Nel 2021, proprio in questa rubrica, abbiamo parlato del primo volume; e ne abbiamo parlato come di una piacevole scoperta. Il secondo libro, invece, è una riconferma. E non solo, e banalmente, per i contenuti, la qualità del disegno e la visione che i due artisti continuano a condividere. No. Soprattutto per il modo in cui il tempo, e quindi la sua suddivisione, il suo effetto sulle persone e sugli oggetti, viene messo in scena. Per carità: il tempo è invisibile e intangibile; è un’idea, una sensazione; qualcosa con cui combattiamo costantemente. Ma in Un’estate fa, chissà come, trova una forma e un peso specifici, riconoscibili, addirittura palpabili. In parte, è merito delle date, che scandiscono il tono e il ritmo della narrazione; e in parte è per i mutamenti, alcuni profondi, altri meno, che sconvolgono i protagonisti. Il fumetto, qui, si trasforma in una fotografia. Un modo per ricordare. Un ponte che unisce il passato e il presente, e che ci proietta verso il futuro. Sembra poco, e invece è una trovata straordinaria. Perché prende vari elementi e riesce a unirli, a metterli insieme e a modificarli. Un’estate fa, poi, è bellissimo. Sfogliarlo è un piacere, e lasciarsi catturare dai dettagli o dalle sfumature dei colori è quasi un obbligo. La nostalgia non è una cosa piccola, insignificante; e non è nemmeno negativa come qualcuno insiste a ripetere. La nostalgia è un campanello. Ci riporta indietro, con la mente e le emozioni; e ci permette di riflettere. Su di noi, prima di tutto. E poi sugli altri. Su ciò che abbiamo ottenuto e perso. Su quello che potevamo diventare, e che invece abbiamo preferito non essere. Alla fine, la domanda è una sola: che cosa resta? Il valore di ciò che è stato non deve sommergere e superare il valore di ciò che è, e su questo siamo tutti d’accordo. Eppure ripensare al passato, a un momento particolare, catturato da una fotografia o – come in Un’estate fa – da una vignetta, può essere un esercizio utile per imparare a conoscerci meglio. Nel profondo. Intimamente. Sì, certo: può essere imbarazzante. Ma a volte senza l’imbarazzo non c’è gusto, non c’è sostanza. E i fumetti, con le loro storie, fanno esattamente questo: danno spessore alle sagome, alle memorie e ai sentimenti. Un’estate fa è un viaggio, un turbinio di sensazioni e pizzicori; parte dalla pancia, e non dalla testa. E ci dice, chiaro e forte, che nessuna esperienza è mai abbastanza, che la vita è sempre lì, pronta a sorprenderci. Ed è così che nasce un altro tipo di nostalgia: quella per il futuro, di ciò che deve succedere.

 

Bao Publishing (3)

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