Il miglior horror dell’anno? La recensione di Scappa – Get Out

Tutto l'entusiasmo attorno all'opera prima di Jordan Peele sarà davvero meritato?

Il miglior horror dell’anno? La recensione di Scappa – Get Out

Tutto l'entusiasmo attorno all'opera prima di Jordan Peele sarà davvero meritato?

Scappa - Get Out

Tensioni razziali ed evocazioni horror: Chris, giovane afroamericano, accompagna la propria ragazza caucasica a casa dei suoi genitori per il weekend; lui ha un po’ paura perché non sanno che è di pelle nera, ma lei lo rassicura dicendo che non sono assolutamente razzisti e che hanno pure votato Obama. E infatti è così: a scattare al primo incontro sono baci e abbracci, come in un perfetto quadretto familiare.

Eppure, la quiete non dura a lungo, perché poi Jordan Peele inizia a iniettarci le prime dosi d’ansia: c’è dell’inquietudine in questa casa, nei loro servi afro, nel papà che cerca di giustificarsi, nella mamma esperta di ipnosi, e nel fratello che si presenta a cena ubriaco. Esattamente come il protagonista, ci guardiamo intorno e cerchiamo di captare cosa stia succedendo, facendoci diverse domande che non possono ancora trovare risposta: Scappa – Get Out si muove così, come un serpente che non ti ammazza subito, ma che prima si diverte a girarti intorno per preparare il terreno e annusare il piatto con gusto.

Ne sentiamo il sibilo ma ancora non lo vediamo, e a manifestarsi sono delle tracce di irrequieto timore che si allargano di scena in scena, prima dell’inevitabile attacco. E la cosa bella di Get Out è che quando pensi di aver finalmente capito la situazione, poi la storia devia verso territori ancora più inaspettati, folli e WTF: più che a un teen horror, infatti, il film finisce invece per assomigliare maggiormente a un’estensione cinematografica di Black Mirror tanto spassosa quanto carica di suggestioni!

Nelle sale statunitensi è stato accolto come il miglior horror della stagione, tra recensioni entusiaste e dei fortissimi guadagni, oltre che diverse candidature agli Mtv Movie Awards. Noi pensiamo però che l’opera avrebbe dovuto osare di più sul versante violenza (tutte le scene più cruente sono celate fuori campo, non si sa se per libera scelta o per imposizioni del mercato), e non lo stiamo dicendo perché siamo dei maniaci del gore, ma perché avrebbe decisamente aggiunto tanto di più all’impatto emotivo e al delirante mood. L’impressione, insomma, è che Peele abbia avuto paura di sporcarsi le mani, rifiutando di azzannare con aggressività nonostante più situazioni lo richiedano.

In ogni caso, rimane impressionante il fatto che si tratti del lavoro di un esordiente, e per di più con un budget limitatissimo (“solo” 5 milioni di dollari). Più che il miglior horror, quindi, ci limitiamo a dire che si tratta di un seducente e astuto debutto – non privo di difetti – che fa veramente sperare il meglio per il futuro low-budget del genere, soprattutto dopo due titoli altrettanto celebrati come The Witch di Robert Eggers e It Follows, opera seconda di David Robert Mitchell.

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