A Cannes 76 è arrivato l’uragano Martin Scorsese: il suo nuovo film Killers of the Flower Moon, realizzato per Apple TV+ e che approderà nelle sale italiane il 19 ottobre con 01 Distribution – dopo il passaggio Fuori Concorso sulla Croisette -, in contemporanea con l’uscita mondiale, è un crime epico basato su una storia vera: una sequenza di omicidi brutali, e misteriosi, nota con il nome di “regno del terrore”, che insanguinarono la nazione Osage negli anni ’20. Nel cast del film, tratto dall’acclamato, omonimo best seller di David Grann, oltre ai protagonisti assoluti Robert De Niro e Leonardo DiCaprio, anche Jesse Plemons, Lily Gladstone e Brendan Fraser, fresco vincitore dell’Oscar per The Whale.
Nel film vediamo come, all’inizio del XX secolo, la scoperta del petrolio trasformò l’esistenza degli Osage, che diventarono da un giorno all’altro immensamente ricchi. L’improvviso benessere di questi nativi americani attirò l’interesse dei bianchi, che iniziarono a manipolare, estorcere e sottrarre con l’inganno i beni degli Osage fino a ricorrere all’omicidio.
Il film è stato accolto in modo trionfale ieri sera, 20 maggio, al Palais di Cannes per la proiezione ufficiale di gala della première mondiale, con una standing ovation della durata di 9 minuti, tra le più lunghe fatte registrare dal festival finora. Scorsese, questa mattina in conferenza stampa, ha parlato di quanto i suoi incontri con i leader degli Osage abbiano influenzato in profondità il suo processo creativo: «Ho capito quando ho sentito quali sono i loro valori sull’amore, il rispetto e l’amore per la terra – e non sto parlando di trasformare ciò in una questione politica. Parlo davvero di come vivere su questo pianeta. Volevo sapere tutto quello che potevo su di loro. È travolgente… Più scoprivo, più volevo inserire nel film».
«Con questa tragedia di amore, fiducia tradita, di criminalità e di morte abbiamo cercato di restituire giustizia alla popolazione degli Osage, i cui valori mi hanno guidato e ispirato, la loro visione del mondo ha accompagnato il processo – ha spiegato il maestro italo-americano -. Un film in cui tutti coloro che ci hanno lavorato hanno messo lavoro e calore. Arriva tutto dal cuore, e sapevo che sarebbe stato molto commovente ricevere la standing ovation che ci hanno tributato alla fine della proiezione, una celebrazione speciale per chi ha subito delle ingiustizie». In conferenza anche l’attuale capo della tribù Osage, che dice: «La nostra gente soffre ancora per quel tradimento, ma posso dire a nome di tutti che Scorsese, il suo cast e la sua crew ci hanno restituito la fiducia e la gioia della vita».
Nel corso dell’incontro con i giornalisti non è mancato un riferimento a Donald Trump, l’ex presidente americano e potenziale candidato alle elezioni presidenziali USA del 2024, com’è noto molto inviso a Robert De Niro. L’attore ha accostato la sua figura politica e il personaggio che interpreta nel film, un uomo che finge di essere un alleato della nazione Osage negli anni ’20, per poi tradirli e supervisionare una serie di brutali omicidi nella sua ricerca della ricchezza. «Lo vediamo oggi e sai di chi sto parlando, ma non dirò il suo nome– ha detto De Niro – Quel ragazzo è stupido».
«È lì e dobbiamo tenerlo d’occhio molto da vicino – ha proseguito – Ci sono persone che pensano che Trump possa fare un buon lavoro. Immagina quanto sia folle. Comunque sono felice di essere qui con Marty dopo così tanto tempo. Ero stato al Festival con Scorsese l’ultima volta nel lontano 1976, vincendo la Palma d’oro per Taxi Driver. In realtà io non ho ancora capito in profondità il mio personaggio, Bill “King” Hale, ma posso dire di lui che esibendo ostinatamente grazia e cortesia ha fatto sì che il male si potesse insinuare, un dato al quale dobbiamo sempre stare attenti, perché è parte di una catena oscura su cui si regge la complessità dei nostri comportamenti. Purtroppo ne vediamo di continuo».
Ha detto invece Leonardo DiCaprio, a proposito di Scorsese e De Niro: «Sono cresciuto con loro e hanno influenzato intere generazioni di attori come me. Marty esprime un’incredibile perseveranza e la voglia di arrivare alla verità profonda: credo che sia la sua grandezza più autentica, insieme al rispetto che ha per la storia del cinema. L’influenza dei grandi cineasti del passato che lo hanno reso il regista che è adesso».
Foto: Getty (Samir Hussein/WireImage)
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