Il regista lituano Mantas Kvedaravičius, che nel corso della sua carriera ha diretto Barzakh (2011), Mariupolis (2016) e Parthenon (2019), è stato catturato e assassinato dall’esercito russo a Mariupol all’inizio di aprile. La sua fidanzata, Hanna Bilobrova, che era con lui in quel momento, è stata in grado di riportare il materiale girato in quei luoghi e lo ha montato con l’editor di Mantas, Dounia Sichov.
Il risultato è un film che s’intitola Mariupolis 2 e che sarà proiettato alla 75esima edizione del Festival di Cannes (17-28 maggio), nei giorni del 19 e del 20 maggio, figurando tra le ultime aggiunte in corsa al programma.
Nel 2022 Mantas Kvedaravičius è tornato in Ucraina, nel Donbass, nel cuore della guerra, per stare con le persone che aveva conosciuto e filmato nel 2014 e nel 2015. Dopo la sua morte, i suoi produttori e collaboratori hanno messo tutte le loro forze per continuare a trasmettere il suo lavoro, la sua visione e i suoi film. Anche dottore di ricerca in antropologia, Mantas Kvedaravičius ha voluto testimoniare come regista «il più lontano possibile dall’agitazione dei media e dei politici».
«Con enorme forza e sensibilità, Mariupolis 2 cattura la vita in mezzo ai bombardamenti e rivela immagini che trasmettono tragedia e speranza – scrive il Festival di Cannes in una nota comunicando l’inclusione del titolo nel programma della prossima edizione – Era fondamentale mostrarlo, l’abbiamo aggiunto».
Mariupolis 2 sarà proiettato giovedì 19 maggio nella Sala Buñuel alle 11:30 e venerdì 20 maggio alle 11:00 nella Sala Agnès Varda per la stampa.
Le note di regia del film, che ha aperto nel frattempo anche il Carbonia Film Festival in Sardegna, recitano: «Sai cosa c’è di più straordinario in Mariupol? Nessuno di questi abitanti temeva la morte, anche quando era lì. La morte era già presente e nessuno voleva morire inutilmente. Le persone si sostenevano a vicenda a rischio della loro vita. Fumavano e chiacchieravano fuori, nonostante le bombe. Non c’erano più soldi e la vita era diventata troppo breve per essere ricordata, quindi le persone erano contente di ciò che avevano e spingevano i loro limiti. Non c’era più passato o futuro, nessun giudizio, nessuna implicazione di nulla. Era il paradiso all’inferno, le delicate ali della farfalla che svolazzavano sempre più vicine l’una all’altra, l’odore della morte nella sua dimensione grezza. Era il battito del cuore della vita».
Foto: DR
Fonte: Festival de Cannes
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