Ci sono corti che viaggiano in tutto il mondo e che sono quasi senza tempo.
Vincono i festival fino ad arrivare alle nomination più ambite, quelle degli Oscar. E dopo però “muoiono”. Essendo “corti” hanno una distribuzione limitata o quasi nulla in sala e quasi difficilmente arrivano in Italia.
Ma c’è uno short, della durata di quasi 30 minuti, che è un gioiellino americano riuscito a ottenere una visibilità internazionale. Si intitola Letter Room e a girarlo è una donna, Elvira Lind. Classe 1981, di origine danese, da anni vive a New York. Non è uno suoi primi lavori cinematografici, ma è certamente il suo esordio alla finzione. Prima di Letter Room la Lind aveva già girato due documentari pluripremiati e una miniserie televisiva. E ora per la prima volta la regista lavora scegliendo l’attore più quotato del momento (che è anche suo marito): Oscar Isaac (di recente visto in film come Dune di Denis Villeneuve, The Card Counter di Paul Schrader, A proposito di Davis dei fratelli Coen, nel ruolo di Poe Dameron nella trilogia di Star Wars e nella miniserie Scene da un matrimonio).
La storia è semplice, si svolge quasi tutta dentro un carcere. La letter room del titolo è infatti la stanza dove gli agenti penitenziari leggono la corrispondenza indirizzata ai carcerati. Le lettere si registrano, si aprono, si scannerizzano e si leggono. Possono contenere materiale pericoloso, dare informazioni preziose o semplicemente sono missive personali, forse scritte per raccontare qualcosa di cui è complicato parlare vis-à-vis. In una realtà dominata dai social, in cui difficilmente si spediscono o si ricevono lettere e cartoline, il carcere chiuso all’esterno diventa un mondo dove i sentimenti si riscoprono, si definiscono e cambiano. Oscar Isaac è un agente carcerario. Dentro la prigione è una guardia sorridente, paziente ed è, a differenza di alcuni, anche un bravo ascoltatore.
Fuori dalle mure penitenziarie la sua vita è monotona. Non lo aspetta nessuno, non si incontra con nessuno, non “chatta” con nessuno. In questo film (visibile su Amazon Prime e arrivato in sala in Italia grazie al Tertio Millennio Film Fest che si è svolto a Roma a inizio novembre) la regia, a differenza di molti esordi di finzione, è asciutta e completamente aderente al personaggio. La forma del documentario (la regista si è laureata alla Cityvarsity School of Media and Creative Arts a Città del Capo) si attaglia perfettamente a Letter Room e regala un mix perfetto di realismo e finzione, dove l’amore, tra le mura spente della prigione, sembra l’unica luce destinata a scaldare il cuore dell’uomo.
Credit foto: © Topic, Dutch Tilt Film, Mad Gene Production
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