Il tempo nei fumetti

Due storie in una separate da una linea sottilissima di puro tempo: quella di una studentessa a Berlino e quella di un archeologo sulle tracce della tomba di un faraone. È Hypericon, la nuova e originale opera di Manuele Fior, frutto di un’intuizione onirica

Il tempo nei fumetti

Due storie in una separate da una linea sottilissima di puro tempo: quella di una studentessa a Berlino e quella di un archeologo sulle tracce della tomba di un faraone. È Hypericon, la nuova e originale opera di Manuele Fior, frutto di un’intuizione onirica

Il tempo, nei fumetti, è una cosa concreta: palpabile, descrivibile, delimitata. Perché nei fumetti il tempo coincide con le pagine, e le pagine coincidono con la storia. E quindi il tempo è la storia, e può andare avanti, riavvolgersi e tornare indietro.

Il tempo è uno strumento: non una costrizione. Gli autori che sanno come dividere le vignette, come giustificare ogni salto e ogni nuovo momento, sanno anche sfruttarlo per arricchire, e non impoverire, il ritmo del racconto.

Leggendo Hypericon di Manuele Fior, pubblicato da Coconino Press, si ha esattamente quest’impressione. La storia si divide in due parti, separata da una linea sottilissima fatta di puro tempo: da un lato la vita di una studentessa che va a Berlino, e dall’altro quella di un archeologo che sta cercando la tomba di un faraone. Apparentemente, non sembrano avere nulla in comune. E invece non è così. Perché non solo condividono visione e obiettivi, e anche la stessa delicata cura nella narrazione; condividono soprattutto un andamento scandito in momenti, ore e ricordi. Un flusso di coscienza che parla e riempie i balloon e un diario che tiene in ordine i pensieri e le considerazioni.

Hypericon, ha detto Fior, è stato un fumetto diverso. Perché l’ha prima scritto e poi disegnato, e dunque progettato e ripensato a fondo. È partito da un’intuizione, un sogno. E ha costruito il resto con calma, intelligentemente. Le immagini sono curate, belle, piene. C’è una sensualità nei corpi e nei movimenti riconoscibile e vibrante. E il filo sottile del tempo, quello di cui parlavamo poco fa, è sempre presente. A un certo punto, facendo attenzione, si può quasi raccogliere e seguire.

La protagonista arriva in Germania, e deve imparare a fare i conti con un mondo diverso, luminoso, che promette libertà ma che ha dei confini ben precisi. Incontra un ragazzo e s’innamora. Lei, però, non dorme. E in questa insonnia perenne, fumosa come sono fumose certe memorie, si perde. Il tempo no: il tempo non si ferma. E lei diventa una donna, una ricercatrice e una professionista. Tutti la riconoscono, e l’ammirano. Berlino, sullo sfondo, scompare. E appare un’altra città.

Dalla fine degli anni Novanta, passiamo ai primi anni Duemila e alla caduta delle Torri Gemelle. Con Qui, pubblicato da Rizzoli Lizard, Richard McGuire era andato oltre, e aveva giocato sia con il tempo che con lo spazio. Aveva dimostrato finemente l’immenso potenziale che i fumetti possono avere. Aveva creato qualcosa di unico, di visivamente stravolgente. Hypericon ha un approccio più dolce, quasi accogliente. Come un amico che, dopo una lunga notte, t’invita a sederti e riposare, e a capire e ritrovare il fiato e la lucidità dei pensieri. Ma anche Hypericon si diverte a piegare il tempo, a stuzzicarlo, e a trasformarlo in una categoria a parte, utile per il racconto e per i personaggi.

Il tempo, in questo fumetto, è materia viva. Volti una pagina, e sei in un altro anno. Vai indietro di un capitolo, e sei altrove. Ed è bello così. Perché un fumetto è una finestra su noi stessi e sul mondo: ci mette in contatto e ci tiene sospesi, come i granelli di sabbia di una clessidra che è stata appena capovolta.

© Coconino Press (2)

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