L’estate è un periodo fatto di sospensione e attesa. Sembra non iniziare mai. Quando arriva, però, il tempo si dilata, diventa un’altra cosa e prende la forma di un cuscino schiacciato tra due momenti precisi, la primavera e l’autunno.
Raccontarla, l’abbiamo già detto, non è facile. Perché non parliamo semplicemente di una stagione con i suoi colori e le sue caratteristiche; parliamo di uno stato mentale. Di una sensazione. Di un retropensiero che non ci abbandona mai, che sta sempre lì, fisso, come un chiodo fatto di percezioni e suggestioni. Durante l’estate le persone si trasformano. Non solo fisicamente, attenzione, ma pure, e forse soprattutto, mentalmente. In Un’estate fa di Zidrou e Jordi Lafebre (Bao Publishing) i ricordi si uniscono e si accavallano, e danno vita a qualcos’altro: alla consapevolezza che certi istanti non torneranno più. C’è la famiglia, e c’è il calore dell’amicizia. Si riconoscono immediatamente, come due vecchi compagni. I colori sono sfumati, ricchi, bellissimi. I dialoghi hanno il suono vibrante delle parole ripetute all’infinito: apparentemente identiche, in realtà sempre differenti.
In Momenti straordinari con applausi finti di Gipi (Coconino Press) l’estate vive solo in alcune pagine, brevemente. Anche qui, però, si percepisce un sapore definito: la luminosità del passato, il biancore del mare, e la felicità di ogni avventura. «Mi hai visto? Incredibile! Sono sopravvissuto». Gipi evoca la sua infanzia, parla di sé stesso, e allo stesso tempo allarga il quadro, si spinge più in là: questo sono io, dice; ma questa cosa qui, questo sentimento, l’abbiamo provato tutti.
In Beck di Harold Sakuishi (Dynit) l’estate è afosa e appiccicaticcia, e contiene promesse e sogni; è il preludio di un nuovo inizio, e ha la confusa malinconia dell’adolescenza. Ritorna ciclicamente e ogni volta, in qualche modo, è diversa.
In Ping Pong, Taiyō Matsumoto (Hikari) usa l’estate come un rifugio sicuro. «L’estate sta arrivando», scrive alla fine del quinto volume. E tutto si ferma, cristallizzandosi. Da una parte c’è quello che è stato, con le sue sfide e le mille difficoltà; dall’altra, splendente e a portata di mano, c’è il futuro. In mezzo, come un porto sicuro, resiste il presente, e i protagonisti ne parlano tranquillamente, senza rimorsi, senza paure. L’estate sta arrivando, lo sanno e anche per questo sono felici.
Ne Gli equinozi di Cyril Pedrosa (Bao Publishing) l’estate coincide con l’ultimo capitolo della storia e con uno stile particolare: più netto e chiaro, sagome ben delineate e riempite di colori accesi. Le parole finiscono quasi per passare in secondo piano: ci sono, le vediamo; e hanno un suono e uno scopo.
Ma sono i disegni, ora, il centro del racconto. La sintesi perfetta dell’estate. Abbiamo citato sentimenti e ricordi, e ora, all’improvviso, ci troviamo davanti alla sostanza di una stagione. Sottile come una spiga di grano, morbida come una piuma, potente come il sole.
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