Festa di Roma, Paolo Virzì ci racconta Notti magiche: «La mia autobiografia cinematografica, tra batticuore e sgomento»

«Ho tentato di raccontare quanto fossero seducenti ma anche terribili i grandi maestri del cinema italiano», dice il regista toscano

Festa di Roma, Paolo Virzì ci racconta Notti magiche: «La mia autobiografia cinematografica, tra batticuore e sgomento»

«Ho tentato di raccontare quanto fossero seducenti ma anche terribili i grandi maestri del cinema italiano», dice il regista toscano

Paolo Virzì alla Festa del Cinema di Roma 2018 presenta Notti magiche

Notti magiche, l’ultimo film di Paolo Virzì, ha chiuso ieri la Festa del Cinema di Roma 2018. Ambientato nell’Italia degli anni ’90, con sullo sfondo le fasi finali dei Mondiali di calcio tenuti nel nostro paese, è un’immersione nel mondo magico e al contempo miserabile dell’industria cinematografica nostrana, popolato da personaggi irresistibili e squallidi. 

Un progetto molto sentito e personale, a dirla tutta una sorta di amarcord romano a lungo covato per il regista (qui, intanto, potete leggere la nostra recensione), soprattutto considerando che il cineasta livornese, quando approdò a Roma, aveva la stessa età dei suoi tre protagonisti, giovani provinciali che sognano di sfondare nel cinema come registi e sceneggiatori. 

«Quella stagione e quel periodo della mia vita mi hanno lasciato addosso nostalgia e follia – racconta con passione e trasporto Virzì presentando il film, prima di recarsi alla conferenza stampa ufficiale – Capisco che la parola autobiografica venga spontanea nel definire questo progetto, ma sappiate che vi si ricorre un po’ sempre. Quando si fa cinema si usano abitualmente persone che si conoscono per inserirle in un disegno narrativo e romanzesco, in una grande galleria di personaggi. In questo caso c’è anche una cornice narrativa da giallo, al servizio della stagione delle illusioni e anche della relativa disillusione. Se avevi la fortuna di entrare in quella corte, dove si fumavano sigarette e si battibeccava di continuo, scoprivi le mille trappole, la disperazione e il bisogno di nuovo, giovane sangue fresco

«Ho cercato di raccontare quello il mio primo incontro coi grandi maestri del nostro cinema, che all’epoca erano tutti vivi e ancora potenti – dice ancora Virzì a proposito del suo album di ricordi – Io, da ragazzetto di vent’anni, li guardavo con un misto di batticuore e sgomento, ma io e gli altri miei coetanei avevamo anche la sensazione di doverci liberare da una paternità ingombrante. Il film è senz’altro caricaturale e a me le caricature piacciono, perché sono delle sintesi fulminanti per immortalare l’ironia di un personaggio. Una volta i critici dicevano delle commedie all’italiana, in senso dispregiativo, che erano bozzettistiche, ma cosa c’è di più bello di un bozzetto?».

Ma c’è una chiave di volta anche molto privata, per la realizzazione Notti magiche: il giorno del funerale del compianto Ettore Scola, Virzì sembra aver sentito dentro di sé che era arrivato il momento giusto, finalmente, per inoltrarsi in questo racconto: Di questo film parlavo da molto tempo e il giorno in cui Ettore Scola se n’è andato e lo abbiamo salutato ho pensato che con lui se ne fossero andati un po’ tutti. Per cui, proprio perché loro mi hanno insegnato a prendersi in giro, ho voluto raccontare quanto fossero seducenti ma anche terribili i grandi maestri del cinema italiano. Laddove i personaggi sono evocati nel film col loro nome li abbiamo visti da lontano, quando invece ci avviciniamo e facciamo nome e cognome ci siamo concessi maggiore libertà.»

Il film è un ritratto cattivo ma anche burlesco, canzonatorio. «L’umorismo è una parola che voglio sottolineare perché sono questi maestri a insegnarcela. Quando venivano tratti male dalla critica simili registi davano l’idea di non prendersela, di prenderla con filosofia, ma in realtà soffrivano. Ieri hanno celebrato qui alla Festa di Roma La grande guerra, che alla sua uscita suscitò un dissenso molto indispettito da parte di importanti voci critiche. Vi confesso anche che a me in fondo piace essere trattato come quei vecchi maestri ed essere un po’ sbertucciato dai critici, quando capita!».

Nel film, nei panni di un produttore cialtrone e inaffidabile, c’è Giancarlo Giannini, che prende in carico il film di uno dei tre ragazzi protagonisti, addirittura un biopic su Antonello da Messina, proponendo di farlo interpretare a Mickey Rourke. «Ho conosciuto Vittorio Cecchi Gori, che state nominando tutti a proposito del film, gli ho fatto anche degli scherzi molto strani, ma ci sono dentro anche altre persone, compreso un mio amico che non posso nominarvi. Credo che quello di Paolo sia un film molto bello, con una malinconia precisa, e poi Paolo è un regista che ride di continuo sul set e non potrebbe esserci cosa più bella.»

Il 31 ottobre saranno venticinque anni dalla morte di Federico Fellini e ambientare questo film nel ’90 ha permesso a Virzì di inserire nel film uno squarcio dal set de La voce della luna, ultimo film del maestro riminese. «Ho chiesto il permesso a Benigni di mettere in scena le riprese dell’ultima sequenza. Sicuramente quella scena qualcosa significa, senza ombra di dubbio quel film chiude una stagione, quella del grande cinema italiano, con le sue glorie e le sue miserie. Una specie di fiaba nera con dei Dracula succhia sangue.» 

«Era anche un cinema molto maschile e maschilista – conclude Virzì – Le donne si mascolinizzavano per armonizzarsi a quel clima di maschi parolacciari e sboccati. Una mia amica, regista e scrittrice, che ha anche sceneggiato questo film, ovvero Francesca Archibugi, è stata la prima regista ad andare sul set con la gonna e ha praticamente segnato la fine di un’epoca. Spero e credo che non sia più così, anche se l’Italia rimane un paese machista, con uno squilibrio nell’accesso al lavoro, che per le donne è davvero basso rispetto ai dati europei.» 

Foto: Getty Images

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